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MAESTRO PAOLO ANTONINI

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EIKON 15/2011

EIKON Bimestrale di cultura, ricerca e comunicazione

Anno IV Luglio- Agosto n.15/2011


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EDITORIALE a cura della Redazione

EIKON 15/2011 N. 15 Luglio - Agosto 2011 Bimestrale di arte, musei, beni culturali Direttore responsabile Maria Elena Bonacini

Redazione Maria Rita Montagnani Anna Maria Ronchin Mara Campaner Zanandrea Anna Laura Leone Lorena Zanusso Renato Freddolini Maria Teresa Giffone Marina Zatta Barbara Vincenzi Pietro Negri Editore Corso Palladio, 179 36100 Vicenza

Stampa Grafiche Corrà Arcole (VR)

Contatti e informazioni: info@federcritici.org 0444.327976

L’Editore si dichiara pienamente disponibile a regolare eventuali pendenze relative a illustrazioni e fotografie con gli aventi diritto che non sia stato possibile contattare. Eikon Magazine E’ vietata la riproduzione di immagini di proprietà degli artisti. abbonamento 6 numeri artista 12 euro gallerista 90 euro la quota comprende 10 copie e 1 redazionale

Supplemento della testata Museohermetico Reg. Trib. VI. 1115 del 12.09.2005 roc n. 13974 Eikon Magazine è un prodotto

ARTE, TURISMO, ECONOMIA

E I BENI CULTURALI

1. Le analisi macroeconomiche non lasciano dubbi: il comparto della cultura ha tutte le carte per diventare strategico nel futuro produttivo del nostro Paese. Secondo una ricerca realizzata da Unioncamere e dalla Fondazione Symbola, la cultura rappresenta per l’Italia il 5% della ricchezza prodotta e dà lavoro a oltre un milione e mezzo di persone. Solo negli ultimi tre anni, la crescita del valore aggiunto delle imprese del settore è stata del 3%, dieci volte quella dell’economia italiana nel suo complesso, che si è fermata a uno 0,3%. Un segno positivo, questo, dovuto soprattutto al robusto giro d’affari che riguarda la letteratura, l’architettura, le grandi esposizioni e il cinema. Il patrimonio artistico e culturale del Belpaese è il più grande del Pianeta ed è un tesoro cui attingere per creare reddito e posti di lavoro, attraverso una sempre maggiore valorizzazione della cultura. 2. “Vandali. L’assalto alle Bellezze d’Italia”, l’ultimo libro dei giornalisti Gianantonio Stella e Sergio Rizzo, descrive una situazione drammatica che sembra non lasciare molte speranze per il futuro dei siti archeologici e del patrimonio storico-culturale di cui dispone l’Italia. Non ci sono solo i beni architettonici, recuperati grazie al contributo di Fondazioni e all’attività del Fao (vedi Palazzo Giustiniani a Vicenza e Villa Vescovi a Luvigliana), ma anche bellezze ambientali che rischiano di perdere completamente la loro identità e la loro funzione di memoria. 3. E’ indispensabile, come sottolinea il Ministro dei Beni e delle attività culturali Giancarlo Galan accorpare il ministero della Cultura con quello del Turismo, al fine di veicolare le risorse finanziarie e intellettuali all’interno dell’unico comparto per la conservazione dei Beni culturali e la loro trasformazione in “centri economici”. 4. L’Arte, intesa come attività volta alla “produzione” e alla “percezione” della bellezza, deve essere riconosciuta come “collante” della trasformazione del talento e della creatività individuale, delle risorse naturali, culturali e sociali del territorio e dell’investimento economico, in ricchezza. Pensare all’Arte/Bellezza come “principio” di ricchezza, modifica la percezione delle priorità poichè, alla luce delle evidenze economiche e sociali, il legame che l’arte instaura con Economia, Turismo e Cultura è fondato sul rapporto dialettico tra la cultura della memoria, ereditata dal rinascimento, e la cultura del “fare” che si proietta, per sua natura, nel tempo futuro. 5. Nel mercato modificato dalla globalizzazione non è più sufficiente fare “cose belle”, ma occorre realizzare progetti, idee, invenzioni e prodotti in grado di trasmettere, come fece Leonardo, un pensiero di trasformazione della natura, della città e dell’uomo secondo i canoni, non solo estetici, dell’Arte. Dal recupero del patrimonio italiano, può provenire la lezione di un’impresa intellettuale che sorge nell’ambito dell’Arte per valorizzare la Bellezza italiana e veneta, come inestimabile “bene di scambio”.

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BENI CULTURALI

a cura dell’arch. Laura Leone

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PALAZZO GIUSTINIANI-BAGGIO (1656)

l Fondo Ambiente Italiano, il 26 e 27 marzo 2011, ha aperto le porte al pubblico per presentare il prezioso restauro del Palazzo Baggio Giustiniani in occasione della XIX giornata F.A.I. Le Soprintendenze e la Fondazione Cariverona, che hanno promosso l’iniziativa ed erogato i fondi per la ristrutturazione, restituiscono a Vicenza uno tra i più significativi palazzi della metà del Seicento, realizzato dall’Architetto Antonio Pizzocaro. Alla conferenza di apertura, tenuta presso la Sede Universitaria di Vicenza il 24 marzo 2011, erano presenti la Dott.ssa Giovanna Vigili De Kreutzenbergh, Presidente del F.A.I, il Dott. Silvano Spiller, Vicepresidente vicentino della Banca Cariverona, i relatori Chiara Balbo, architetto, e Luca Trevisan, Dottore in Ricerca di Storia dell’arte Moderna e in Storia dell’Architettura. Viene illustrato il rilevante intervento di ristrutturazione conservativo e di consolidamento, iniziato nel 2007 e ultimato nel 2010, che ha rivitalizzato il complesso architettonico e riportato agli antichi splendori le sontuose decorazioni murali. La struttura seicentesca del palazzo è realizzata da Antonio Pizzocaro nel 1656 con caratteristiche architettoniche che riflettono forme e stili classicheggianti di un Palladio non ancora tramontato nella sfera culturale vicentina e rivissuti nelle opere di Vincenzo Scamozzi. La proposta dello “stile severo” è la scelta conseguente alla necessità della casata di ridurre lo sfarzo architettonico, dopo la grave crisi dovuta alla peste che ha colpito la città nel 1630, ma all’interno le stanze sfoggiano sontuosi affreschi pittorici che illustrano le glorie della famiglia Giustiniani e le narrazioni mitologiche. Analoghi affreschi pregiati aprono altri cicli figurativi realizzati da rinomati pittori del Seicento: Giulio Carpioni, Giovanni Ghisolfi, Pietro Ricchi e Giuseppe Arighini

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che riprendono prospettive e vivacità coloristiche del celeste, verde, giallo e rosso, accentuati dalla componente luminosa delle sfumature di evidente influsso tonale del Rinascimento veneziano, per riproporre innovative rielaborazioni prospettiche secondo la tradizione barocca. Vicenza nel periodo barocco. Il Seicento a Vicenza presenta un alternarsi di vicende storiche, economiche, religiose, urbanistiche e sociali che hanno contribuito a far nascere nuove iniziative progettuali e culturali. Vicenza è la città dell’entroterra subordinata a Venezia dal 1404 e la sua realtà architettonica tramuta nel corso dei secoli adattandosi alle diverse situazioni politiche e sociali, ma riflettono costantemente nei palazzi di città e nelle ville agresti l’orgoglio e il potere dei nobili vicentini. L’ architettura barocca vicentina non segue fedelmente la moda e le frondosità architettoniche nazionali, ma prosegue lo stile classicheggiante del Tardo Rinascimento, però riserva a metà secolo delle varianti inedite che sorprendono gli stessi cittadini e nobili quando, successivamente alla peste del 1630 che ha ridotto la popolazione da 31.900 a 25.000 unità, si è resa necessaria la costruzione di edifici semplici e lineari per cittadini malati, e l’erezione di un ospizio dall’aspetto sobrio e dignitoso, riservato ai nobili decaduti (Ospedale dei Proti 1655_ Arch. A. Pizzocaro), che garantiva l’aspetto architettonico di supremazia del rango e la netta distinzione di questo edificio dagli altri. Vicenza reagisce alla crisi economica e commerciale che ha subìto Venezia in Oriente e promuove nuove risorse economiche nell’entroterra per riequilibrare le perdite: la produzione del riso e della seta. La città vede il mutare del pensiero culturale e


VICENZA ‘600

ANTONIO PIZZOCARO (architetto 1605 - 1680)

info

religioso in seguito alle dottrine protestanti. I vescovi Matteo e Michele Priuli affermano “i principi dei decreti tridentini” (156599) grazie ai quali si diffondono le confraternite, la costruzione di chiese e oratori affrescati da sfarzose composizioni dei pittori Carpioni, Maffei e Zanchi, in seno al clima della Controriforma. L’espansione urbanistica vicentina nel corso del Seicento riprende lentamente i ritmi di rinascita dopo la peste. Il panorama urbano cambia aspetto e manifesta una chiara aderenza ai principi progettuali rigorosi di Palladio e Scamozzi, ma diversificati nel definire i principi di linearità e di essenzialità delle forme, interrotti da modesti elementi architettonici classicheggianti, senza nulla togliere alla purezza dell’ aspetto sobrio e geometrico denominato “Stile Severo”. Antonio Pizzocaro. A. Pizzocaro nasce a Montecchio Maggiore il 26 settembre del 1605 e sin da giovane età prende le maestranze del saper fare dal padre Battista, esperto muratore. Abile nella sua attività, si iscrive nel 1614 all’associazione “Fraglia dei muratori” di Vicenza e coglie l’occasione per instaurare rapporti amichevoli con Giambattista Albanese e il fratello Girolamo, personalità alquanto affermate nel mondo scultoreo ed edile vicentino. L’abilità professionale gli viene riconosciuta all’interno dell’associazione, dove viene nominato nel 1631 consigliere e nel 1635 gli viene affidato l’incarico direttivo. Le prime realizzazioni professionali coincidono con la grave crisi economica causata dalla peste, pertanto si presentano modeste. L’Architetto dal 1635 esegue opere di ristrutturazione

alle facciate di alcuni edifici residenziali e soddisfa le richieste di alcuni committenti che desiderano ampliamenti nelle zone agresti. Il suo talento progettuale e ingegneristico viene riconosciuto nel 1636 quando l’Amministrazione Comunale vicentina gli commissiona la sistemazione del Quartiere Militare “delle Corazze” in prossimità della zona di Porta Nova e dal 1638 la committenza religiosa gli affida l’incarico della sistemazione del Duomo di Vicenza, limitato alle opere di consolidamento e di riparazione delle strutture in fase di assestamento. Pizzocaro in breve tempo viene apprezzato dagli ordini religiosi che gli commissionano pregevoli restauri tra cui la Chiesa di S. Eusebio (1646) a Sarego, l’Oratorio della Concezione (1642) a Vicenza a fianco alla Chiesa di S. Lorenzo, la Chiesetta della Rotonda (1645) progettata da G. Albanese ma diretta nei lavori dall’Architetto, l’erezione della seconda colonna nella Piazza dei Signori (1640) la cui statua del Redentore è di G. Albanese, la Cappella (1650) antistante la Rotonda realizzata per volere di Marzio Capra, ristrutturazione dell’Oratorio delle Zittelle (1647) e quella interna della Chiesa di Santa Caterina (1671). L’esperienza nel campo religioso diventa il punto di riferimento per iniziare la scelta architettonica che prende ispirazione dalle architetture e stili delle chiese di San Giorgio Maggiore e del Redentore a Venezia di Palladio, ma riviste nell’ottica di una progettualità contenuta nelle forme essenziali e geometriche. Dalle letture delle slanciate paraste e lesene piatte che scandiscono le superfici, è visibile il desiderio dell’ Architetto di annullare l’aspetto plastico tridimensionale del Rinascimento e lasciare maggiore spazio alle superfici per sostenere l’idea della purezza dello “Stile Severo”.

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BENI CULTURALI

a cura dell’arch. Laura Leone

PALAZZO GIUSTINIANI RAFFAELE GIUSTINIANI

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’imponente palazzo, voluto dal marchese genovese Raffaele Giustiniani nel 1656, si snoda lungo la strada di contrà San Francesco. La facciata è lineare, libera da ogni decorativismo architettonico e stilistico per dare maggior spazio alla visione del volume puro. L’apparente semplicità della facciata, priva di effetti plastici e chiaroscurali, viene compensata all’interno con vaste superfici affrescate da raffinate scenografie figurative e mitologiche. Il prospetto semplice assume ugualmente un ruolo autorevole e rappresentativo di uno “status symbol” soprattutto nella visione dell’ affresco del marchese Raffaele, posto nell’atrio porticato sostenuto dalle lunghe colonne joniche, quasi a voler sottolineare l’imponenza monumentale del manufatto e il prestigio della casata. L’orizzontalità esterna dell’edificio si contrappone alla verticalità delle colonne interne, strategia di un tentativo dell’Architetto di voler riequilibrare i vecchi rapporti proporzionali rinascimentali persi nella visione barocca. Il Seicento propone anche soluzioni architettoniche di irregolarità e bizzarria, per stupire ed aprire nuove percezioni spaziali e prospettiche, in seguito alle scoperte scientifiche di Keplero e Galilei (docente di Matematica a Padova nel 1592 per esporre le sue teorie, da cui è seguita l’opera nel 1632 “Il dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano”) che mettono in discussione la centralità della Terra nell’’Universo. L’architetto barocco rivede le sue progettazioni, il nuovo punto focale e la centrlità dell’uomo rispetto allo spazio chiuso e circostante, avvia ricerche di nuove proposte per dare spazio all’immaginazione, apre una nuova dimensione spaziale, aperta, dilatata, trasgressiva e antiaccademica e propone tipologie progettuali innovative per lasciare alle spalle il chiuso accademismo rinascimentale, radicato nelle forme razionali e proporzionali. Il cortile interno e il giardino del palazzo sono proporzionati rispetto alla mole del fabbricato e conferiscono prestigio e decoro alla nobile famiglia Giustiniani, il cui capostipite Pompeo si è distinto come valoroso condottiero per aver onorato, con meritevoli successi militari e politici, la Serenissima. Altra nomina autorevole viene attribuita a Raffaele Giustiniani, governatore di Vicenza, che decide nel 1632 di trasferire la famiglia da Genova a Vicenza e occuperà il palazzo, dalle forme militaresche, solo dopo la ristrutturazione del 1656, di cui è visibile lo stemma gentilizio e l’iscrizione posti sopra il portone d’ingresso, mentre all’interno dell’atrio domina l’affresco del suo ritratto.


RESTAURO La facciata è scandita da ritmi cadenzati di finestre, delle quali si osservano all’estrema destra eccezioni di grandezze in corrispondenza dei piani mezzani e dell’unica finestra ad arco con terrazzo e balaustra, che contrasta nettamente la geometria rigorosa dell’insieme architettonico. Il prospetto di muratura intonacato, ingentilito dalla pietra bianca dei profili, ghiere, stipiti, angoli, arcate delle porte e delle finestre, è suggellato dalla fluida cornice dentellata a coronamento della costruzione. L’interno è dotato di un ampio atrio porticato sostenuto da colonne lisce con capitello jonico e a fianco del palazzo c’è la Foresteria, entrambi presentano due finestre centinate in opposizione stilistica alle restanti aperture che richiamano l’esempio della facciata principale. Le sale interne, specchio di una nobiltà affermata dai gusti raffinati e colti, offrono la visione di affreschi di ottime fattezze che si ispirano “all’ideologia delle ville venete” per creare un’armoniosa simbiosi tra l’architettura e la natura idilliaca, tra lo spazio reale e quello illusionistico prodotto dall’affresco e tra la scenografia pittorica e l’ambiente. Il piano nobile riserva il repertorio figurativo dedicato ai componenti della famiglia Giustiniani: Pompeo, detto Braccio di Ferro, valoroso condottiero della Repubblica Veneziana, Marcantonio, doge di Venezia (1683), Giovanni Antonio, doge di Venezia (1710) e le preziose effigi dei cardinali Giovanni e Benedetto. Interessanti sono i clipei delle pareti laterali che racchiudono i ritratti di dame e cavalieri non ancora identificati. Altri pittori contribuiscono alla realizzazione di fregi nelle altre sale tra il 1661 e 1665: Giovanni Ghisolfi e Pietro Ricchi sostenuti dal quadraturista lombardo Giuseppe Arighini. Le sale si ispirano alla Metamorfosi di Ovidio (Venere e Cupido), al ciclo della vita di Alessandro Magno, alle storie di Pitagora e al tema mitologico illustrato da Giulio Carpioni nel racconto di Pan, Siringa, Giove e Antiope. Le immagini sono inserite all’interno delle sfarzose cornici architettoniche affrescate, dove gli accorgimenti prospettici e i colori chiari, dalle ampie pennellate, dominano le scene. Finzione, illusionismo e coinvolgimento emotivo sono le sensazioni percettive che trasmettono gli affreschi allo spettatore, perché ogni decorazione si trasforma in uno spettacolo teatrale, un concerto visivo di elementi figurativi dai colori brillanti che varia in ogni stanza, rivelando le sorprendenti scenografie barocche. Brevi informazioni del restauro. Interventi significativi di risanamento conservativo e consolidamento sono stati realizzati dagli architetti Paolo e Chiara Balbo nel Palazzo Giustiniani- Baggio, iniziati a settembre 2007 e ultimati ad aprile 2010. Durante la conferenza l’architetto Chiara Balbo ha illustrato il palazzo prima dell’intervento, in forte stato di degrado e di abbandono, e ha esposto i caratteri peculiari del restauro che hanno richiesto l’utilizzo di tecnologie e di prodotti che consentissero di ottenere la rivitalizzazione degli ambienti e l’abitabilità indispensabile per l’inserimento dell’impianto di riscaldamento, di condizionamento, di illuminazione e la messa in sicurezza delle strutture del palazzo in un contesto decisamente monumentale. Il restauro ha dovuto tener conto delle prescrizioni della Legge 13/1989 che prevedono l’abbattimento delle barriere

architettoniche, l’inserimento dei nuovi impianti elettrici, meccanici e la presenza dell’ascensore esterno, inserito nella torre vetrata ad ovest della facciata per avere la continuità della lettura del palazzo, senza gravare sulle strutture esistenti, fornendo allo stesso tempo migliori prestazioni. Sono stati realizzati operazioni di risanamento conservativo definiti sulle strutture delle finestre, porte, solai e di consolidamento con l’impiego delle resine e sistemi metallici ai solai lignei e alle capriate. Largo uso di malte ed intonaci cementizi sono stati applicati ai muri di elevazione, dopo una impegnativa opera di pulitura per togliere i molteplici strati sedimentati nel corso degli anni e per eliminare le fessurazioni, muffe ed erosioni che favoriscono lo stato di degrado. Brillante è il risultato del rifacimento dei pavimenti interni, con particolare attenzione alla risistemazione dei marmi alla veneziana e alla lucidatura per restituire la preziosità dei disegni e dei colori antichi. Alla base della muratura perimetrale esterna è stato costruito un vespaio aerato, collegato con quello interno, costituito da casseri ventilati, altri interventi sono mirati ad evitare la risalita dell’umidità nelle strutture mediante l’impiego di malte ed intonaci idrorepellenti. Risoluzioni qualificative all’esterno si vedono nel parco di cui è stata necessaria la sistemazione del verde dopo il grave stato di abbandono. Nel cortile è visibile il rifacimento del ciottolato sconnesso e nell’atrio il riposizionamento della pavimentazione in cotto. Gravi danni agli ambienti si sono verificati nel corso degli anni per le modifiche interne, effettuate dai diversi proprietari, per ricavare stanze e servizi che hanno alterato le originali distribuzioni interne per soddisfare le esigenze del momento. Il restauro conservativo si è allargato agli apparati decorativi delle pareti e dei soffitti, trovati in parte danneggiati da muffe stratificate nel tempo, provocate dall’abbandono dell’edificio e dalle conseguenti infiltrazioni di umidità. E’ emersa dunque la necessità attenta e scrupolosa di restituire alle opere pittoriche l’originalità riportandole al loro splendore, puntando sulla eliminazione delle muffe, fumo e polvere, e completando le piccole parti scrostate o mancanti con ritocchi di colori a tempera. Durante il restauro sono affiorate altre letture di opere pittoriche precedenti alle attuali, di cui gli esperti hanno tenuto conto solo della resa visibile dello stato di fatto, senza tentare di ricostruire o di ricercare le bozze grafiche del loro realizzo, per non alterare e danneggiare di quanto resta dell’affresco attuale. Le pareti del palazzo Giustiniani offrono al pubblico la lettura di immagini che riassumono come un libro aperto la storia, gli usi, i costumi, la tradizione della nobile famiglia e proseguono nel corso del tempo con altri proprietari: Porto, Piovene, Trissino e Zorzi. La ricerca del linguaggio pittorico espressivo e raffinato, seppur con marginali modifiche per ricordare l’autorevolezza della casata, prosegue nel corso degli anni dove si possono osservare sovrapposizioni, anche se contenute nelle forme, di altre espressioni artistiche appartenenti a epoche settecentesche e neoclassiche che si intrecciano e convivono stilisticamente in perfetta armonia, manifestando agli occhi dello spettatore apprezzabili scenografie di un passato che suscita ancora entusiasmo nella contemporaneità.

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BENI CULTURALI

dalla Redazione

FAI DELEGAZIONE DI VICENZA Sede: Viale Milano, 89 36100 Vicenza tel. e fax 0444 327151 Orario: giovedì dalle ore 16.00 alle ore 18.00 Capo Delegazione: Giovanna Rossi di Schio Vigili de Kreutzenberg Vice Capo Delegazione: Silvana Zonin Zuffellato Segreteria: Michelle Parker Delegazione: Mario Bersani, Jole Colbertaldo Bocchese, Adalberto Cremonese, Giovanna Crepas, Luciana Lampertico, Nicoletta Martelletto, Daniela Pasqualetto Piazza, Fioravante Rossi, Serena Serblin Todescato, Riccarda Silicani Turismo culturale Promuovere un turismo di qualità, permettendo agli italiani di scoprire l’unicità del nostro Paese e le straordinarie bellezze del patrimonio artistico e naturalistico mondiale. E’ questo uno degli obiettivi più importanti del FAI che, nell’ottica di diffondere la conoscenza e l’amore per la bellezza, offre agli italiani e agli stranieri una serie di opportunità in Italia e nei più affascinanti Paesi del mondo. Ogni anno infatti, il FAI propone ai suoi iscritti un ricco calendario di viaggi culturali in Italia e all’estero caratterizzati da percorsi inediti, itinerari appositamente ideati e visite esclusive in luoghi di difficile accesso o di norma chiusi al pubblico: una sorta di “seminari viaggianti” di archeologia e storia dell’arte, condotti da docenti esperti e dotati di grande comunicativa

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IL FAI contro

“I Vandali all’assalto delle bellezze d’Italia” Chi è il FAI Promuovere in concreto una cultura di rispetto della natura, dell’arte, della storia e delle tradizioni d’Italia e tutelare un patrimonio che è parte fondamentale delle nostre radici e della nostra identità. E’ questa la missione del FAI - Fondo Ambiente Italiano, Fondazione nazionale senza scopo di lucro che dal 1975 ha salvato, restaurato e aperto al pubblico importanti testimonianze del patrimonio artistico e naturalistico italiano. In occasione dei 150 anni dell’Unità il FAI si è impegnata a offrire “tre doni all’Italia”, e cioè di recuperare tre “bellezze” destinate a sparire per il degrado e l’incuria: Villa Vescovi, il Negozio Olivetti a Venezia e il Bosco di San Francesco d’Assisi. Tre doni eccezionali agli italiani per festeggiare il senso di appartenenza al nostro Paese e al suo ricco e non sempre valorizzato patrimonio culturale. Villa Vescovi a Rovegliana di Teorreglia. Al momento della donazione al FAI la Villa sembrava pronta ad accogliere i visitatori; in realtà aveva bisogno di nuove attenzioni – importanti problemi di statica, impianti tecnologici superati e in parte non più funzionanti, gravi danni agli intonaci esterni e interni. Destinata prima a un vescovo rinascimentale e alla sua corte di uomini illustri, quindi dimora privata di una famiglia della grande borghesia industriale italiana, la Villa necessitava di interventi per poter ospitare le migliaia di persone che ogni anno entreranno nel suo recinto geometrico e poseranno gli occhi sugli eroi romani e sui paesaggi ideali dipinti da Sustris. Il FAI ha quindi dovuto affrontare un lavoro lungo e complicato: adeguare la Villa alle leggi che devono garantire la sicurezza dei visitatori senza che la bellezza del luogo ne risentisse. E dotarla di nuovi impianti tecnologici, di servizi per il pubblico, di magazzini, di impianti di allarme. Per questi lavori di restauro sono state fatte scrupolose indagini, si è ricorsi a rilievi topografici e planialtimetrici, ad analisi storico-documentarie e di identificazione dei materiali. E la Villa ha restituito segreti nascosti, come una necropoli altomedievale con decine di sepolcri: un lavoro che ha permesso di riscrivere la storia di Villa dei Vescovi. Per l’intervento di recupero il maggior aiuto è arrivato proprio dal territorio padovano grazie al fondamentale contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, che ha sostenuto e seguito con grande impegno questo progetto, così come ARCUS S.p.A. e Fiordaliso- Marco Brunelli e Gruppo Rinascente. E grazie al sostegno di Fondazione Antonveneta, Fondation Segré, Benetton Group, World Monuments Fund, Fondazione Berti per l’Arte e per la Scienza, Viabizzuno, Friends of FAI. Grazie anche alla Regione del Veneto, alla Provincia di Padova, al Comune di Padova e alla Camera di Commercio di Padova.


VILLA DEI VESCOVI

RESTAURO

aperta al pubblico dal 23 Giugno “Chi vuol fare un palazzo da prencipe pur fuori della terra, vadi a Luvigliano, dove contemplerà uno albergo degno d’esser habitato da un pontefice o da uno imperatore nonché da ogn’altro prelato o signore, ordinato dal saper di Vostra Signoria”. dedica di Francesco Marcolini ad Alvise Cornaro (da “Regole Generali” di Sebastiano Serlio del 1544) Il silenzio. Il paesaggio. La natura. L’arte. La storia. E i nostri occhi che si perdono nella pace e nella contemplazione. Villa dei Vescovi, il nuovo Bene del FAI – Fondo Ambiente Italiano che apre al pubblico dal 23 giugno 2011 è un luogo pensato, realizzato e “nascosto” tra le meravigliose alture dei Colli Euganei cinquecento anni fa e rappresenta una sintesi perfetta tra ideale e materiale, tra necessità spirituale, teoria artistica e abilità umana. Donata alla Fondazione nel 2005 da Maria Teresa Olcese e dal figlio Pierpaolo, in memoria del marito e padre Vittorio Olcese, imprenditore, uomo politico e collezionista d’arte milanese, Villa dei Vescovi è un complesso di eccezionale importanza e dal fascino unico. Commissionata dal Vescovo di Padova, Francesco Pisani, come casa di villeggiatura e costruita tra il 1535 e il 1542, la Villa è stata sin dall’inizio pensata dal suo curatore Alvise Cornaro, nobile veneziano, erudito e amministratore della Curia di Padova, come un luogo per coltivare le necessità dell’intelletto, un rifugio di pace e di tranquillità armoniosamente immerso nell’ambiente circostante. Fu sede di uno dei più raffinati cenacoli umanisti del Rinascimento, attirò intellettuali e artisti e ospitò figure centrali di quel periodo, tra cui Pietro Bembo e Ruzante, del quale vennero messe in scena alcune opere proprio nella Villa. Tra gli artisti che contribuirono alla sua realizzazione, Giovanni Maria Falconetto, Giulio Romano, Andrea da Valle, Vincenzo Scamozzi e il pittore fiammingo Lambert Sustris, a cui si devono i meravigliosi affreschi del piano nobile. Pensata per la contemplazione e la meditazione, Villa dei Vescovi, nei cinque secoli della sua storia, forse non è mai stata così necessaria come in questi tempi distratti e frenetici. Significativa infatti è la posizione della Villa nel paesaggio circostante, miracolosamente poco mutato nel tempo: sorge infatti sulla sommità di un colle attorniato da un’esedra di alture. Una posizione che è parte integrante di un eccezionale percorso di avvicinamento - reale e visivo - alla Villa: dopo una prima fascia esterna, caratterizzata dalla natura libera e selvaggia dei colli, varcando il recinto del brolo si attraversa una seconda area, ricca di vigneti, dove il paesaggio è forgiato dall’opera dell’uomo agricoltore. Varcato il portale d’accesso, nella corte-giardino, nella sua odierna progettazione, il verde ha invece un disegno che segue i principi tipicamente rinascimentali delle forme geometriche. Infine, nelle logge della Villa ecco che il paesaggio viene finalmente percepito in tutta la sua estensione; e nelle sale della casa l’ambiente esterno viene nuovamente ripreso dalla mano dell’uomo, che apre sulle pareti ampie vedute di paesaggi idealizzati, inquadrati da architetture dipinte che rispecchiano quelle reali dell’edificio e nei quali la bellezza del paesaggio viene arricchita secondo i desideri dell’uomo umanista con episodi mitologici e scene che esaltano il fascino delle rovine dell’antichità. In questo senso Villa dei Vescovi è il “certificato di nascita” di un sentimento molto moderno: il desiderio di vivere nella quiete della campagna, a contatto con la natura, lontano dalla città. La stessa necessità sentita da Francesco Petrarca quando attorno al 1370 decise di trasferirsi da Padova ad Arquà, sui Colli Euganei. Poiché fino ad allora la natura era vista come “nemica”, quella di Petrarca fu una scelta rivoluzionaria: e nel linguaggio di Villa dei Vescovi, seguendo proprio l’intuizione petrarchesca, vi è un progressivo distendersi e fondersi nel paesaggio circostante. Per quanto oggi possa sembrare insolito, la scelta di un poeta diede così avvio a una trasformazione epocale. Oggi, dopo un complesso restauro durato più di quattro anni e costato oltre 6,5 milioni di euro, il FAI apre Villa dei Vescovi al pubblico. Non solo perché venga ammirata, ma anche perché sia vissuta e anzi “usata”, rinnovando così un’esperienza di arricchimento interiore suscitata dal dialogo tra arte e natura (Ufficio Stampa FAI)

VILLA DEI VESCOVI A LUVIGLIANO DI TORREGLIA Via dei Vescovi, 4 Tel. 049 9930473 - Fax 049 9933395 E-mail: faivescovi@fondoambiente.it Orari di apertura Prima settimana di GENNAIO, MARZO, NOVEMBRE e DICEMBRE da Mercoledì a Domenica: 10 - 17. Da APRILE a OTTOBRE Mercoledì, Giovedì, Venerdì e Domenica: 10 18; Sabato 10 - 19. Chiuso Lunedì e Martedì non festivi. Martedì si accettano gruppi e scolaresche su prenotazione. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. La villa è chiusa dalla seconda settimana di GENNAIO a fine FEBBRAIO.

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RECENSIONE

dalla Redazione

VANDALI

L’ASSALTO ALLE BELLEZZE D’ITALIA «I vandali che ci interessano» scriveva Antonio Cederna nel ’56 in “I vandali in casa” (ora ripubblicato da Laterza), «sono quei nostri contemporanei […] i quali, per turpe avidità di denaro, per ignoranza, volgarità d’animo o semplice bestialità, vanno riducendo in polvere le testimonianze del nostro passato». Proprio dal grande giornalista, Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo ripartono per descrivere l’attuale stato del nostro patrimonio culturale, del quale ci «vantiamo sempre. Fino a fare addirittura la parte dei “ganassa”. Dall’inchiesta dei due giornalisti del «Corriere della Sera» è nato “Vandali- L’assalto alle bellezze d’Italia”, appena uscito per Rizzoli, un libro che è una pugnalata al cuore del Bel Paese e, allo stesso tempo, illuminante soprattutto per coloro che in genere rimangono indifferenti di fronte allo sfacelo che si sta consumando sotto i nostri occhi (almeno la speranza è questa). Ora, una cosa va chiarita: è vero, il nostro patrimonio culturale – senza star qui a quantificare in percentuali più o meno veritiere – è davvero grande, sterminato, forse, per un paese fondamentalmente povero come il nostro. Certe volte, per assurdo, la scoperta archeologica conviene riseppellirla, perché non abbiamo i mezzi per mantenerla. Epperò a questo punto sopravvengono una serie di domande (e, detto con franchezza, anche necessariamente retoriche): com’è possibile che, negli altri paesi, musei e siti archeologici fruttano quattrini a palate e noi invece ci rimettiamo? Non sarà che la nostra classe dirigente non è mai stata in grado di riconoscere il tesoro che ha tra le mani? Ancora: non sarà che a gestirli sono stati degli incompetenti? E, in ultima analisi, come mai i tagli vengono fatti sempre e comunque in campo artistico? Intendendo per campo artistico una vastissima “industria” che va dal cinema al restauro di opere di cui dovremmo essere orgogliosi e probabilmente più intelligenti a sfruttare anche in termini economici. Purtroppo, la maggior parte di noi ha un’idea molto diversa di industrializzazione. Bisognerebbe far capire alla politica e agli imprenditori che, se si scava nelle nostre terre, è di gran lunga più facile scoprire reperti archeologici che non materie prime quali petrolio ferro o gas. La verità è che il nostro sottosuolo non è attrezzato per ospitare una società esclusivamente industriale. Anzi, il contrario. Eppure ci ostiniamo a pensarci in questi termini, con la conseguenza di trascurare l’unica vera nostra risorsa (insieme all’agricoltura). I pareri possono essere tanti, ma il risultato è uno: Pompei cade a pezzi, molti musei sparsi in tutto il territorio, che contengono tesori di valore inestimabile (uno su tutti: i bronzi di Riace), non vengono visitati, molti siti storici addirittura abbandonati (per esempio: la reggia di Carditello; la reggia dei Savoia a Venaria Reale; i castelli federiciani di Melfi, Lagopesole e Andria; la casa di Cavour a Leri; Selinunte). L’aspetto più inquietante di questa faccenda è il silenzio – della politica, della gente – che l’avvolge e la isola. Viene da chiedersi: ma noi italiani ce lo meritiamo sul serio ciò che abbiamo? Ce lo meritiamo se ancora oggi non esiste nemmeno una legge che è una contro il reato di trafugamento ed esportazione illegale di opere d’arte (terzo mercato più redditizio, dopo la droga e le armi)? Viene da chiedersi se non avesse ragione Indro Montanelli che, sul «Corriere», se un paese dà più spazio al cemento che non al rispetto e alla conservazione del territorio e del patrimonio artistico, è un paese capace soltanto di «dare sfogo all’unica vera vocazione di questo nostro popolo di cialtroni che non vedono di là dal proprio naso: l’autodistruzione».

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Sergio Rizzo, Gian Antonio Stella Vandali Assalto alle bellezze d’Italia RIZZOLI Pagine: 288 Prezzo: 18,00 euro Anno prima edizione: 2011


TURISMO & CULTURA

PROTAGONISTI

UN MATRIMONIO DA FARE “L’esclusione della cultura da ogni tipo di taglio riguardo alla spesa” e “dalle agevolazioni che verranno qua e là tagliuzzate non è una cosa da poco, non era mai accaduto prima”. Nel corso della sua audizione in commissione Istruzione al Senato, il ministro per i Beni e le attività culturali, Giancarlo Galan, rivendica il successo del suo operato. Galan ricorda il ripristino del Fus e l’introduzione della possibilità di devolvere il 5x1000 alla cultura. Tuttavia sottolinea che nella legislazione sul settore dei beni culturali ci sono norme che non condivide, come quella “assurda che riduce dell’80 per cento il budget degli enti locali destinato a mostre e convegni”. Anche se ci sono sicuramente degli sprechi su cui incedere, spiega il ministro, devono essere i comuni a decidere come spendere i loro soldi perché quello “è un bilancio che non incide su quello dello Stato”. Altro provvedimento non condiviso da Galan è quello che impone il limite massimo di cinque componenti nelle fondazioni Onlus, “una norma che rende difficile la partecipazione dei privati ed è incomprensibile visto che non prendono lo stipendio”. Allo stesso modo, Galan contesta “la norma del 2006 che impone il passaggio delle donazioni liberali al ministero delle Finanze prima che arrivi al ministero dei beni culturali”. “Proprio non capisco la ratio”, dice il titolare del Mibac, secondo cui “la strada da percorrere è quella di una fiscalità di vantaggio per la cultura”. “Tutto il mondo ce l’ha: la Francia ce l’ha e mi sembra quella più adattabile all’Italia - afferma -. Si comprende che questo non è il momento ma deve essere comunque l’obiettivo e anche se mi si dice che prima di me lo hanno chiesto sei o sette ministri, vorrà dire che io sarò l’ottavo e dopo di me ci sarà il nono finché non verrà ottenuta”. Per il ministro “la cultura è la benzina del paese” per cui “bisogna investire, non servono più soldi ma capacità di spendere. Quando si ha capacità, i soldi si trovano, l’esempio è Pompei”. “Ci sono per la cultura 31 miliardi di spesa da investire”, ha aggiunto Galan citando le risorse comunitarie per il Sud. Galan ha proseguito spiegando che la missione “del mio ministero è favorire un’offerta culturale adeguata per qualità e quantità”. “Un governo può essere o non essere apprezzato dalla comunità intellettuale”, dice, “ma non si va da nessuna parte se ci si fa la guerra”. Per questo, ha sottolineato, gli “ostacoli tra politica e intellighenzia devono essere superati”: “la politica ha bisogno della cultura e la cultura ha bisogno della politica, io chiedo dibattito franco e aperto”, una “chiamata a raccolta”, di tutta la comunità italiana ”per fare il punto su aspetti critici e priorità. In Italia serve un Piano Roosevelt della cultura perché “ogni italiano torni a sentire la sua identità” che è fatta anche della “unicità del suo patrimonio”. Il ministro della Cultura rivela anche un recente scambio di battute con l’ex ministro della Funzione pubblica, Franco Bassanini. “Gli ho detto che ha rovinato l’Italia - racconta sorridendo Galan - perché nella sua riforma dell’amministrazione doveva unificare i ministeri della Cultura, dell’Istruzione e del Turismo e non lo ha fatto. Mi ha risposto che non dovevo lamentarmi, perché se fosse nato quel dicastero unificato oggi io non sarei ministro e la Brambilla sì”.

IL RILANCIO DI ARCUS “Più soldi alla Arcus e gli incassi dei musei direttamente al ministero”: sono queste le principali novità prospettate dal ministro della Cultura, Giancarlo Galan, nelle linee programmatiche che ha presentato in Senato. “Arcus, dovrà fare affidamento sul 3 per cento degli investimenti per grandi opere”, ha detto Galan. Arcus è una società di proprietà del ministero dell’economia gestita però in condominio dai due ministeri della cultura e delle infrastrutture, ed è stata al centro dell’inchiesta sui Grandi Eventi perché da lì sarebbero partiti i soldi per il restauro di un palazzo di Propaganda Fide a Roma. L’altra misura ipotizzata da Galan è quella di far convogliare al suo ministero gli introiti di musei e siti archeologici, “che oggi vanno al Tesoro”. L’arte e la cultura risentono, dovunque, del rinascimento. Dall’Italia proviene la lezione di un’impresa intellettuale che sorge nell’ambito della memoria, per valorizzarla e per portarla a frutto. La procedura per integrazione, che porta l’Italia a instaurare — dovunque essa arrivi e intervenga con il suo mito, con il suo fare — un modo culturale e artistico unico, contribuisce a un’altra pace per il pianeta, ben oltre la tolleranza delle piccole differenze, cui si limita la società multietnica. Così, in seguito al rinascimento, la definizione della vita, oggi, è una definizione intellettuale, culturale e artistica, prima ancora che politica e prima ancora che economico finanziaria. La rivoluzione telematica è qualcosa di propizio per l’arte, la cultura e la loro comunicazione. L’Europa, e l’Italia in modo particolare, è il “software” del pianeta.

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POLITICHE dalla Redazione

COSA FA Per la realizzazione delle proprie attività Arcus si avvale delle risorse di cui all’articolo 60 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Legge Finanziaria 2003). La norma dispone che annualmente il 3% degli stanziamenti previsti per le infrastrutture sia destinato alla spesa per la tutela e gli interventi a favore dei beni e delle attività culturali. Arcus è individuata come la struttura destinataria di tali fondi. Ai sensi, poi, dell’articolo 3 della legge 31 marzo 2005, n. 43, la percentuale sopra indicata viene incrementata annualmente di un ulteriore 2%. La Società, inoltre, può ricevere finanziamenti stanziati dall’Unione Europea, dallo Stato e da altri soggetti pubblici e privati. Arcus si muove anche nell’ottica di aggregare attorno ai progetti i possibili stakeholders potenzialmente interessati. Di volta in volta, pertanto, vengono contattate fondazioni di origine bancaria e non, enti locali, esponenti delle autonomie e della società civile, università e anche soggetti privati, al fine di coagulare attorno alle iniziative risorse crescenti e finanziamenti coordinati. Il progetto ambizioso di Arcus è così di diventare il “collante” che consente di rendere operativa la capacità sistemica di promozione e sostegno progettuale per la realizzazione di iniziative mirate a migliorare il quadro dei beni e delle attività culturali, in un’ottica di sempre migliore conservazione, fruizione e valorizzazione. Arcus, muovendosi opportunamente, favorisce la necessaria convergenza di tutti i soggetti, contribuendo quindi al successo dei progetti culturali di volta in volta identificati.

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ARTE&POLITICA

ARCUS DIMEZZA I FONDI AL VENETO

ARCUS S.P.A. Nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i Beni e le Attività Culturali, è stata costituita Arcus, Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo S.p.A., ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell’Economia, mentre l’operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i Beni le Attività Culturali che esercita altresì i diritti dell’azionista - di concerto con il Ministro delle Infrastrutture. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome. Il compito dichiarato di Arcus è di sostenere in modo innovativo progetti importanti e ambiziosi concernenti il mondo dei beni e delle attività culturali, anche nelle sue possibili interrelazioni con le infrastrutture strategiche del Paese. Nella missione di Arcus sostenere progetti significa individuare iniziative importanti, aiutarne il completamento progettuale, intervenire negli aspetti organizzativi e tecnici, partecipare - ove opportuno o necessario - al finanziamento del progetto, monitorarne l’evoluzione, contribuire ad una conclusione felice dell’iniziativa. E’ importante che venga ben compresa la specificità operativa di Arcus, così come emerge da quanto precede: la Società interviene a sostegno organizzativo e finanziario su progetti di rilievo, mentre in nessun modo è assimilabile un’agenzia di erogazione di fondi, né può essere annoverata fra i “distributori a pioggia” di fondi pubblici o privati. Arcus, quindi, si propone come uno strumento originale per il sostegno e il lancio di iniziative e progetti importanti e innovativi nel panorama della cultura italiana. Il supporto economico, se interviene, deve essere visto come del tutto strumentale nell’ambito di un progetto culturale che sia concettualmente valido e operativamente condiviso. Scendendo in qualche particolare, Arcus fornisce assistenza ad iniziative finalizzate, fra l’altro, a: *predisporre progetti per il restauro, il recupero e la migliore fruizione dei beni culturali; *tutelare il paesaggio e i beni culturali attraverso azioni e interventi volti anche a mitigare l’impatto delle infrastrutture esistenti o in via di realizzazione; *sostenere la programmazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi nel settore dei beni culturali; *promuovere interventi progettuali nel settore dei beni e delle attività culturali e nel settore dello spettacolo; *individuare e sostenere progetti di valorizzazione e protezione dei beni culturali attraverso interventi a forte contenuto tecnologico; *sostenere progetti inerenti il turismo culturale nell’accezione più ampia del termine; *promuovere la nascita e la costituzione di bacini culturali, cioè di aree geografiche sulle quali insistono beni culturali emblematici, in una visione integrata e sistemica capace di collegare ai beni culturali locali le infrastrutture, il turismo, le attività dell’indotto, i trasporti; *intervenire nell’ampio settore delle iniziative tese a rendere pienamente fruibili i beni culturali da parte dei diversamente abili.


ISTITUZIONI

Da “Il mattino di Padova” -17 agosto 2010

Da 20 a 10 milioni di euro: nel prossimo triennio sarà dimezzata la quota dei finanziamenti al Veneto di Arcus, nata per distribuire risorse alla cultura, balzata agli onori della cronaca per il contributo di 5 milioni di euro al restauro del palazzo di Propoganda Fide (possedimento extraterritoriale del Vaticano) in piazza di Spagna a Roma. (In verità, Arcus, è balzata agli onori della cronaca nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Perugia e Roma sulla cosìdetta «cricca» che gestiva gli appalti pubblici per i Grandi Eventi e il G8 e per i 5 milioni di euro erogati per il restauro del palazzo di Propoganda Fide la Congregazione per l’evangelizzazione. Inchiesta che vede coinvolti Sottosegretari, ex ministri del Governo Berlusconi come Claudio Scaiola, Pietro Lunardi e l’Arcivescovo di Napoli Cardinale Sepe, il neo Presidente del Consiglio di Stato Pasquale de Lise - ai tempi a capo del Tar del Lazio - l’ex Procuratore aggiunto Achille Toro, il Provveditore alle opere pubbliche Angelo Balducci, Angelo Zampolini, imprenditori come Diego Anemone e palazzinari romani.ndr). Al Veneto che produce il 10% del Pil nazionale arriva solo il 5% dei 200 milioni stanziati da Arcus per il 2010-2012, soldi derivanti dal 3% delle opere infrastrutturali. A Padova contributi al dipartimento di Archeologia diretto da Francesca Ghedini, sorella di Niccolò, deputato Pdl e legale del premier Berlusconi. D’altronde nel Consiglio di Amministrazione del FAI non mancano ex indagati e condannati alle patrie galere al tempo di Tangentopoli, come Guido Roberto Vitale fondatore dell’omonima banca d’affari indipendente e presidente di Rcs MediaGroup, Galeazzo Pecori Giraldi Presidente di Morgan Stanley in Italia, Luca Garavoglia presidente Campari e nel Consiglio Direttivo e Giunta di Assonime. Quando si dice “tutto si lega”... ndr). E 1 milione alle mura di Cittadella, guidata dal deputato Massimo Bitonci (Lega).

LA CASTA “Il Ministro uscente Francesco Rutelli non deve sentirsi immune dalle accuse nei confronti della “casta rossa”: una lobby che ha fatto dei soldi del contribuente una cassaforte personale per esaudire i desideri dei propri seguaci politici. Incurante del fatto che in Italia esistano sprechi amministrativi insanabili, Rutelli ha permesso che l’ARCUS diventasse un Ente finanziatore senza regole per il settore della cultura, delle arti e dello spettacolo. La capillarizzazione dello sperpero parte dalla sede dell’Ente, voluta a tutti i costi in Via Barberini dal Direttore Generale Ettore Pietrabissa (già Vice Direttore Centrale per la finanza dell’IRI ai tempi di Romano Prodi e Membro del Comitato Euro istituito dal Governo Prodi nel giugno 1995), per un canone di locazione mensile pari a 18mila euro). Non si comprende perché sprecare soldi quando il MIBAC ha sedi idonee per accogliere un numero esiguo di persone quante sono quelle che lavorano per ARCUS (all’incirca 8 persone). Altra anomalia è come mai una società che dovrebbe contenere i costi - così come ha sempre affermato la Corte dei Conti - paga invece stipendi di 95.000 e 65.000 euro ad un Direttore centrale non indispensabile, e di circa 65.000 euro al responsabile amministrativo. Senza contare che i rimborsi spese del Direttore generale ammontano mensilmente a oltre 2000 euro. Per soli scopi elettorali, la sinistra ha gettato alle ortiche i principi di trasparenza, efficacia ed efficienza della Pubblica Amministrazione, assumendo un comportamento scorretto e lesivo nei confronti degli addetti al settore, già fin troppo penalizzati dai ritardi delle sovvenzioni statali”. apr 23 da http://www.gabriellacarlucci.it/2008/04/23/beni-culturaliarcusquesto-e-ilrispetto-che-rutelli-ha-del-denaro-pubblico/

COME FUNZIONA. Arcus è una società il cui capitale sociale è interamente del ministero dell’Economia, gestita però dal dicastero dei Beni culturali di concerto con quello ai Lavori pubblici. Per legge il 3% degli stanziamenti per le infrastrutture va destinato alla tutela dei monumenti e alla cultura. Arcus gestisce molti fondi e talvolta, secondo quanto ipotizzato dall’inchiesta della procura di Perugia, lo avrebbe fatto in modo totalmente discrezionale. Quattro i ministri che si sono alternati al timone della società dalla nascita ad oggi: Lunardi, Rutelli, Buttiglione e Bondi, mentre l’attuale Ministro, Giancarlo Galan, ha annunciato recentemente di voler rilanciare la società. I FINANZIAMENTI. Arcus dal 2004 al 2008 ha fatto felice Padova: con 6,4 milioni sul totale di 19,7 è seconda solo a Venezia per mole di contributi. Alla città sono arrivati 1,8 milioni di euro per il recupero della via Annia, la strada romana che portava da Adria ad Aquileia; un milione è andato a Palazzo Moroni, il resto alla Regione. Il dipartimento di Archeologia del Bo ha ricevuto un sostanzioso contributo, diviso con la Soprintendenza e il comune di Montegrotto, per «Aquae Patavinae», cioè la valorizzazione dell’area archeologica delle terme euganee. E ancora: un milione di euro è andato al Fai per il contestato restauro di Villa dei Vescovi, a Luvigliano. Un altro milione e mezzo al comune di Galliera per Villa Imperiale. Infine a Este mezzo milione al recupero della chiesa degli Zoccoli. I PROGETTI. Sul prossimo triennio è calata la scure, almeno per il Veneto, che si deve accontentare di 10 milioni contro i 30 del Lazio, i 21 della Toscana e i 14 del Piemonte. Si salva il dipartimento di Archeologia, unica struttura universitaria finanziata da Arcus. Ha ottenuto per quest’anno 200 mila euro per il «Tess», il sistema informatizzato di catalogazione dei rivestimenti pavimentali antichi. Più un altro milione spalmato in tre anni per il parco archeologico «Aquae Patavinae».

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CULTURA

dalla Redazione

LE TERRE DI LORENZO LOTTO ARTE&TURISMO

A 100 giorni dalla chiusura della mostra alle Scuderie del Quirinale, Lorenzo Lotto torna nei territori in cui visse e operò. Col progetto “Le terre di Lotto”, fino alla fine dell’anno, infatti, i luoghi in cui sono conservati alcuni delle sue più celebri opere diventeranno protagonisti della riscoperta dei capolavori dell’artista veneziano con una serie di iniziative ad hoc. Un’iniziativa che ha messo insieme a fare da rete enti, comuni, province, diocesi e sponsor privati e che il dg per la Valorizzazione del patrimonio, Mario Resca, presentando l’iniziativa al ministero definisce “un evento che colloca l’arte nel territorio in cui è stata prodotta e la lega ad altri temi: il turismo culturale ma anche l’enogastronomia e il paesaggio”. “Sembra che le mostre ormai siano diventate il momento principe per scoprire la bellezza delle opere, come se occorresse per forza spostarle - afferma l’ideatrice e responsabile del progetto, Barbara Abbondanza Maccaferri -. Poi però si spengono le luci, tornano in musei non noti, nessuno pare più ricordarsene. L’esperimento è questo: fare delle mostre l’inizio non la fine di un percorso, soprattutto in grado di aiutare i territori”. Il programma, che si snoderà fra le Marche, Bergamo e Treviso ed è in parte ancora provvisorio, prevede menu e degustazioni dedicati a Lorenzo Lotto nei ristoranti, come accadrà a Cingoli (Mc), dov’è conservata la Pala della Madonna del Rosario, lezioni animate per bambini, come ad Asolo (Tv), passando per conferenze e incontri per le suole superiori della zona. Fino a una nuova mostra, come quella che sarà ospitata nelle Gallerie dell’Accademia (dal 29 agosto al 3 ottobre), dove per l’occasione saranno esposte anche due tele prestate dall’Ermitage e mai viste in Italia: il “Doppio ritratto dei coniugi Bonghi” e una “Madonna col Bambino e Angeli”. Ma a essere coinvolti, con inziative diverse, saranno anche i comuni di Jesi, Recanati, Ancona, Monte san Giusto, Mogliano, Urbino, Loreto e Quinto di Treviso. La prima metà di ottobre, invece, Lotto sarà protagonista di “Bergamoscienza”, nel capoluogo orobico, con eventi e attività incentrate sulle neuroscienze e la neuro estetica.

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LE TERRE DI VINCENZO SCAMOZZI

CULTURA

ARTE&TURISMO

“L’arte e la cultura risentono, dovunque, del Rinascimento. Dall’Italia proviene la lezione di un’impresa intellettuale che sorge nell’ambito della memoria, per valorizzarla e per portarla a frutto. Così, in seguito al rinascimento, la definizione della vita, oggi, è una definizione intellettuale, culturale e artistica, prima ancora che politica e prima ancora che economico finanziaria. La rivoluzione telematica dell’informazione è qualcosa di propizio per l’arte, la cultura, il turismo e la loro integrazione con le risorse enogastromiche e produttive del territorio. L’arte è il software dello sviluppo. Occorre tuttavia riuscire a farlo funzionare in ogni tipo di realtà attraverso un collegamento “simbolico” che lega ogni artista al suo territorio. Scamozzi è stato sicuramente l’artista, lo scienziato, il filosofo e l’architetto che più di altri sperimentò e comprese il significato del “genius loci” presente in ogni spazio urbano e ambientale. Vincenzo Scamozzi (1548 - 1616) amava definirsi “cittadino del mondo” e non “padano”; frequenti furono i suoi viaggi di studio in Francia, Germania, Svizzera, Austria, Ungheria, o di lavoro: nel primo caso produsse un taccuino strepitoso nel formato lungostretto, nel percorso da Parigi a Venezia, “al fine di osservare le maniere e forme del fabricare di que’ Regni, comprenderne le strutture, le tipologie di pianta e composizione delle facciate”. Gli straordinari disegni a mano libera a penna e inchiostro documentano lo spirito scientifico, la ricerca di una solida base teorica che farà del modulo l’elemento fondamentale della proporzione architettonica. Nel secondo sarà l’arcivescovo Federico Wolfango a commissionargli il nuovo duomo e il palazzo vescovile di Salisburgo. Figlio di un impresario edile, Scamozzi già a 26 anni progetta il capolavoro assoluto, la Villa Pisani a Lonigo, considerata la più bella casa del mondo: il cubo, la semisfera e la semplicità del bugnato angolare reinterpretano la Rotonda del Palladio. Con la morte di quest’ultimo il nostro ne eredita i progetti inventando però nuove soluzioni a partire dalla straordinaria scenografia a fuochi multipli delle sette vie di Tebe, sfondo dell’Edipo Re al Teatro Olimpico. L’asciutta geometria dei volumi chiede di pari passo un impegno nella definizione della luce, ed è in questa ottica che si misura la genialità di questo artista che fa del biancore abbacinante dell’Oratorio di San Carlo Borromeo a Lisiera, della Rocca Pisani, delle paraste ioniche di Villa Ferretti a Dolo e di quelle sedici composite nella chiesa dei Teatini a Padova o della maestosa sala centrale illuminata da quattro finestre termali in Villa Molin alla Mandria, la sua cifra stilistica. Volte ribassate, sistemi di illuminazione con lumi ad olio per caratterizzare le prospettive, scenografie di legno a fuoco unico perché lo sguardo di Vespasiano Gonzaga coincida col punto di fuga come nel teatro di Sabbioneta, lo studio quindi minuzioso delle fonti di luce (diretta, indiretta, “lume secondario o partecipato o proveniente di riflesso”): nella ricerca costante di un effetto di contrasto chiaroscurale sta la novità del linguaggio scamozziano. Un accenno infine ad altri due progetti originalissimi: la sistemazione ed esposizione delle bellissime sculture antiche offerte alla Repubblica dal patriarca di Aquileia Giovanni Grimani in cui la luce, il posizionamento e la conservazione delle opere rappresentano forse il primo allestimento di tipo museale; l’altro è una sofisticata ristrutturazione e ampliamento di una torre medievale a Monselice che diventa, grazie all’invenzione di tre profonde nicchie forate, una villa belvedere. Scamozzi non fu solo un progettista geniale e innovativo, ma anche un teorico dell’architettura e dei suoi legami con la filosofia e la cultura del suo tempo. Raccolse le sue teorie in un unico Trattato, “L’Idea della Architettura Universale”, composto da una decina di libri che affrontavano tutti i temi del costruire e del progettare, ma anche del pensare facendo uso delle “tre potenze”: Volontà, Memoria e Intelletto. L’importanza di Scamozzi come teorico è stata fino a oggi spesso sminuita, se non addirittura disconosciuta, rinnegata. In tale prospettiva appare tanto più rilevante il fatto che la concreta influenza di Scamozzi, risulta ben chiara e verificabile sin nella prassi: si veda il Libro Quarto trasformato dal “classicismo olandese” in un libro degli ordini classico. Le incisioni dedicate da Scamozzi alle varie tipologie veneziane, ispirano la realizzazione del municipio di Amsterdam, esempio di translazione per cui «l’architettura di un libro» diventa architettura costruita. Le “terre di Scamozzi” appartengono alla dimensione della memoria che si intreccia con la luce, i colori, i gusti e la cordialità delle persone che si incontrano in forma sublime nei “Colli berici”, terra di olivi, uve e ville rinascimentali che mantiene ancora inalterato il suo “genius loci”, sintesi di arte, storia, sapore e tradizione.

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MAESTRI

a cura della Redazione

M° PAOLO ANTONINI “CLONATION” BIOGRAFIA DEL MAESTRO Nato a Terni (UMBRIA) nel 1955 dove vive e lavora. Fin da bambino aveva una grande passione per l’arte, maturata poi con il rifacimento di opere classiche per dare manualità al disegno che man mano aveva perfezionato in modo fotografico sperimentando anche, nello stesso tempo i vari generi di pittura e grafica. In seguito crebbe in lui il desiderio di creare un proprio stile, che si riconoscesse. Negli anni 70 a soli quindici anni era già presente in molte gallerie e collezioni private. Negli anni 80 fece moltissime esposizioni e le sue opere rappresentavano il rapporto tra uomo e macchina (con la nuova metafisica). Subito dopo quando la “clonazione” era ancora in nuce anticipò i tempi diventandone il padre nell’arte. Gli sono stati conferiti molti premi ed onorificenze: premio San Valentino, cittadino onorario per l’arte città di Verona, premio della Russia, premio Niccolò Macchiavelli, premio Rembrandt e tantissimi altri. E’ presente su: artdiary, artword, catalogo d’arte moderna italiana, arte Mondatori, Diana armi, copertina del giornale dei misteri, copertina del romanzo “Clonation” di Mario Micozzi, etc.. Si sono fatte esposizioni in vari musei del mondo, con il donativo international de arte por Uruguay quali: Kultur centrum di Turkù in Finlandia, museo di Terragona in Spagna, museo pinacoteca de estrado di San Paolo-Brasile, museo Urbesse di Brema in Germania, Alexander museum Italia,e’ presente con sei opere permanenti al Museo di Arte Contemporanea di Bahia Salvador in Brasile In Italia sono state fatte molte mostre in vari comuni. Ha lavorato per: Ronchini arte Terni, Gagliano arte Bari, galleria Presenze Rieti, galleria Burlamacco Viareggio, galleria Leonardo Palermo, Selemark Roma, centro d’arte Pan Terni, galleria Aedes Rieti, emmedueart di Modena e Napoli,con Salvatore Varone editore è presente in diverse gallerie in Italia, con pubblicazioni su arte Mondatori ed arte & arte. Lavora per: ditta Varone editore, arte gallery La Mantia, Fgl arte, Emmedueart ed ha partecipato con diverse gallerie a varie fiere d’arte tipo: Viterbo, Genova, Bergamo, Verona etc.. E’ presente su Facebook con 1.6oo amici tra galleristi e artisti di tutto il mondo. I critici: Paolo Cecchini, Valter Mauro, Dante Cirilli, Andrea Diprè, Giovanni Cappuzzo, Mario Micozzi, Cesare Zavattini, Giuseppe Russo, Piero Dorazio etc.. Il maestro Paolo ANTONINI vive e lavora in una bellissima villa medioevale dove la storia e l’arte si incontrano e impregnano le sue opere moderne dando vita ad un connubio che rende il tutto quasi unico. Il paese medioevale dove vive il maestro si chiama Rocca San Zenone ed e’ il piu’ antico della citta’ di TERNI in Umbria.

info Contatti maestro Paolo Antonini voc. rocca san zenone 19 e mail: atlasummo@yahoo.it 05100 T E R N I studio: 0744 427677 cell: 3932697759 www.artinumbria.net www.emmedueart.it

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MAESTRI

a cura della Redazione

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M째 PAOLO ANTONINI


CLONATION

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MOSTRE

di Giulia Martino

GIULIA MARTINO LE CINQUE CONTROSTAGIONI

12. CRITICO GABRIELLA NIERO

Principe Istinto

LE 5 CONTROSTAGIONI. Cosa sono? Sono le stagioni dei sensi: 5 perché si ispirano ai 5 sensi ma anche ai 5 colori della sintesi sottrattiva (cyan, magenta, giallo, bianco, nero). Tutto è partito da una ricerca artistica ed interiore: 1.ricerca artistica durata parecchi anni sulla sinestesia (cos’è la sinestesia?), da Bodleaire, Mallarmè, Verlaine, (poeti) a Skryabin (musicista) Kandinsky e Klee (pittori), che si sono impegnati a codificare colore musica parole e segno. 2. ricerca interiore per scoprire i miei comportamenti o modi di essere ed i comportamenti tipici dell’uomo medio di oggi e tra discussioni tra amici e progetti sono nati questi 5 quadri che sono 5 comportamenti dell’animo umano. Sono stagioni e quindi cambiano ogni tanto e quest’anno saranno così il prossimo o tra dieci anni saranno diversi.. circa due anni fa quando ho fatto questa rappresentazione a Mestre era diversa da ciò che verrà rappresentato qui stasera. I 5 modi di essere divenuti quadri sono: ISTINTO abbinato al colore Magenta, MALINCONIA abbinato al colore Giallo, APPARENZA abbinato al colore Cyan, CRUDELTA’ abbinato al colore Bianco, RAZIONALITA’ abbinato al colore Nero. Gli abbinamenti all’inizio sono furono fatti da me per quanto riguarda i sapori, i colori, le frasi (di personaggi famosi che sono nascoste nei quadri), e le musiche del Prof. Castagnoli del Conservatorio di Torino… ma subito

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Principessa Apparenza

pensai che questa ricerca non doveva essere solo ciò che io avevo come sensazioni di colori musica ed altro…. non contenta quindi, chiesi ad Agnese Visconti di scrivere una fiaba: le diedi 5 personaggi e la fine della storia, per il resto fece tutto lei, questa era creatività ed era la sua sinestesia!!. Non contenta chiesi a Dania (corso di composizione al conservatorio) di scrivere la musica per questa fiaba, e lei associò uno strumento ad ogni comportamento. Così dopo Agnese e Dania con i loro abbinamenti sonori e descrittivi, nacquero altri quadri che sono quelli che saranno rappresentati e che vedete stasera in esposizione: 1. l’Istinto è il Principe Istinto ed è rappresentato da Roberto Bacchin alle percussioni, 2.la Malinconia è la principessa Malinconia ed è rappresentata dagli strumenti ad arco e suoneranno Maria Pia Olivero, Giulia Subba, Dania Ferro, Giulio Sanna, 3. l’Apparenza è la Principessa Apparenza ed è rappresentata da Alessandra Pavoni Belli all’arpa (e al violino), 4.la Crudeltà è la principessa Crudeltà ed è rappresentata dal pianoforte da Andrea Nata 5.la Razionalità è la principessa Razionalità ed è rappresentata dal flauto traverso da Francesca Grilletto Questi ragazzi stasera vestono una maschera, maschere che tutti abbiamo, spero che questa fiaba insegni a grandi ed a piccoli qualcosa… Buon viaggio nei sensi….. (Dalla presentazione della mostra)


EMERGENTI

1.

Principessa Malinconia

Principessa Razionalità

6.

Principessa Crudeltà

Mostra 25 Aprile 2008 Centro Culturale Le Serre Grugliasco (TO)

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ARCHITETTURA

di Domenico Trevisan

DISTILLERIA NARDINI

DUE BOLLE DI DESIGN ASSOLUTO

Per celebrare i 225 anni dell’ antica distilleria Nardini, fondata nel lontano 1779, il cavaliere Giuseppe Nardini e la figlia Cristina, che è appassionata di arte moderna e contemporanea, si rivolsero all’architetto Massimiliano Fuksas chiedendogli un edificio piccolo ma rappresentativo ed in ogni caso modernissimo. La distilleria attuale risale al 1980. I capannoni che contengono i serbatoi d’acciaio e le botti in rovere di Slavonia sono circondati da un bel giardino, sistemato a suo tempo dal famoso architetto e paesaggista fiorentino Pietro Porcinai, al quale Electa ha dedicato un bel volume monografico. Quando Fuksas si recò alla distilleria per il sopralluogo, rimase colpito dall’equilibrio della disposizione delle piante (siepi di lecci, querce americane ed autoctone….), dall’impianto e dalla cura del giardino. Durante il pranzo fece uno schizzo sul retro di un piatto bianco: due cerchi/ellissoidali. Praticamente erano già loro: le Bolle. Due bolle di vetro che richiamavano gli alambicchi esposti nei locali della distilleria. Nel progetto Fuksas tenne presente la peculiarità del giardino e nel dare forma alla sua idea fece in maniera che nessuno degli alberi dovesse essere abbattuto. Ad opera realizzata, colpisce la relazione ben calibrata tra i volumi delle bolle e le chiome degli alberi. Le due bolle si elevano su di uno specchio d’acqua artificiale, il quale genera tutto un rimando di riflessi dialogando con la trasparenza della struttura soprastante. La prima bolla contiene

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un laboratorio di analisi, la seconda una sala multifunzionale. Per realizzare la forma ellissoidale di queste bolle sono stati necessari 360 stampi uno diverso dall’altro per produrre i vetri curvati. Per produrli e montarli si ricorse ad una azienda iperspecializzata, che aveva avuto modo di lavorare al London Eye sul Tamigi e allo store Armani a Hong Kong, la Sunglass di Villafranca Padovana. Le due bolle sono sorrette dalla struttura dell’ascensore e ed hanno una controventatura attuata con profilato metallici. La climatizzazione è a basso consumo energetico ed è priva di emissioni . Le due bolle di vetro sono solo la parte visibile fuori terra di questo “strano” edificio. Dal prato, una scala con pedate in erba (operazione che potremmo definire di Land-Art) conduce a una sala ipogea con funzione di auditorium. Le pareti dell’auditorium sono “in cemento volutamente imperfetto”, come dice l’architetto Fuksas, ed hanno inclinazioni tutte diverse per enfatizzare l’emozione spaziale. La luce entra dal basso, riflessa dai muri chiari della scalinata, e dall’alto attraverso oblò. “ Il rapporto tra la perfezione del vetro e la forza materica del cemento – dice Fuksas – è un dualismo che ricerco spesso nei miei progetti: il sopra e il sotto, il giorno e la notte”. Per questo progetto, dal design spinto nei più minimi particolari, i Nardini hanno speso veramente molto: un lusso ormai raro per celebrare un anniversario. Ma l’Architettura italiana oggi ha una bella storia in più da raccontare.


LA PRIMITIVE ART di ERRE MONACO

ARTWORKS

di Anna Maria Ronchin

L’artista veronese Erre Monaco ha esposto le sue collezioni “Alberi-e-Paleoveneti” al Brolo d’Artista 2011, giunto all’XI edizione, annuale appuntamento per i creativi, amanti dell’arte en plain air, dell’armonia agreste, tra cultura e ambiente, al crocevia delle provincie di Verona, Padova e Vicenza. Colta e raffinata, Erre Monaco è un’artista a tutto tondo. La sua ricerca affonda le radici nell’origine dell’umanità e inonda con il fascino del primitivo gli occhi del tecnologico contemporaneo. L’indagine, condotta da Erre Monaco, viaggia su due binari paralleli, la produzione d’intensi cromatismi e il recupero di forme antiche, primigenie come i “Fossili” oppure le incisioni dell’età del Bronzo degli Antichi Veneti. Entrambi sono affrontati con la perizia dell’esperta in storia dell’arte e con la documentazione propria dell’esploratrice; dalle tavole di Erre Monaco traspaiono le conoscenze archeologiche ed antropologiche della preistoria della Venetia e allineano la sua ricerca estetica alla tendenza contemporanea della Primitive Art. L’ispirazione all’arte primitiva è stata caratteristica prevalente delle Avanguardie storiche, gli artisti declinavano nello stile che era loro proprio, l’interpretazione delle espressioni originarie dell’umanità, affascinati, come i cubisti, dall’arte tribale africana, oppure, come Modigliani, dalle sculture preistoriche delle isole Cicladi, gli artisti da allora esprimono la speranza e l’angoscia di fronte al cambiamento e alla crisi dei valori dell’età contemporanea oppongono la Natura e la sopravvivenza fisica nello stato selvaggio. Ma mentre i cubisti e i post-impressionisti cercavano ispirazione nell’arte dei popoli che vivevano allo stato tribale, Erre Monaco trova ispirazione nelle forme primordiali della scomparsa foresta planiziale, dai fossili ai tronchi, dalle pietre alle conchiglie. Questi materiali entrano nell’opera, vengono assemblati agli ossidi nella colla, dando origine ad un’ineguagliabile tecnica mista. Esplicito è l’intento di criticare il progresso distruttivo del nostro pianeta, ed è proprio per questo che Monaco attinge alla semplicità originaria e pone in correlazione l’uomo, come microcosmo, con l’universo intero inteso come macrocosmo. L’esito è uno spazio corrispondente allo spirito, scandito dai ritmi naturali, dove la gioia alimenta se stessa, sensibilmente prossimo a quello creato da Klee e Gauguin; infatti entrambi gli artisti idearono luoghi vissuti, quale espressione topica dell’assoluto, il primo lo immaginò nell’infanzia, mitica età dell’oro di ciascuno; il secondo nelle isole di Tahiti e delle Marchesi, dove morì nel 1903. Come gli Antichi Veneti incidevano le lamine di bronzo e le situle in forma rituale, così l’artista Erre Monaco approccia le figure dell’VIII –VII secolo a.C. con l’amore della conoscenza, enfatizza le masse con intento sacrale; per significare la volontà di chi, tre millenni or sono, volle rappresentare la Dea Veneta Pora Reitia, Datrice di Vita, adorata nei boschi sacri della foresta planiziale dell’antica Venetia (Reitia2001). Con gli strumenti dell’iconografia classica, Erre Monaco interpreta le situle venete e le laminette votive di Vicenza con esiti brillanti, per gli intensi cromatismi e per le qualità compositive indiscutibili. Le collezioni –Fossili- e –Paleoveneti- sono state esposte rispettivamente al Museo di Paleontologia a Bolca, Verona (2000) e a Oppeano, Verona, durante il Convegno del 2001 sulla “Civiltà Paleoveneta”, in cui Alessandro Guidi, docente di Paletnologia presso l’Università Roma Tre, presentò i risultati della prima campagna di ricerche di superficie; da allora molte sono state le tappe espositive delle collezioni primitive di Erre Monaco, in Italia e all’estero. Infatti, la sua ricerca sull’originario e sul primigenio ha radici lontane e sempre orientata alla sacralità della Grande Madre. Come gli antichi Veneti rispettavano il bosco ed in esso mimetizzavano i loro riti, così la sua serie denominata –Alberi- (-Ninfa degli alberi- 2005) si svolge sulla materia lignea, nobilitata dalle stesure intensamente cromatiche della sua originalissima tecnica. Quelle che erano scorze diventano parte della conoscenza di una nuova vita, segno di rinnovata libertà, di amore per la natura, come sostenne l’ autore del famoso opuscolo -Disobbedienza civile:” Andai per i boschi perché volevo vivere in profondità e succhiare tutto il midollo della vita … per non scoprire in punto di morte di non aver mai vissuto.” Henry David Thoreau (Massachusetts 1817-1862).

Erre Monaco Atelier

in Verona, via Gaetano Trezza 19 Tel 045/590334 Sito ufficiale www.erremonaco.it erremonaco@erremonaco.it

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RECENSIONE

di Anna Maria Ronchin

NOEMI CARRAU GUAL Romantica Visionaria nella città della nebbia

Amore astemio

La stampa d’Arte per Noemi Carrau Gual non è solo il medium privilegiato, ma è anche l’elemento più autentico della sua intera produzione. Infatti, le incisioni e i libri d’artista sono guida per la comprensione della sua mostra personale “Oltre lo sguardo” alla Galleria Aqua Fortis di Via San Nicolò 6 – Treviso, nel mese di luglio 2011. La giovane artista ha frequentato il liceo Scuola Sta. Anna, Mataró (Barcelona) e poi l’Accademia di Belle Arti di Barcellona. Nel 2008 è a Venezia con il progetto Erasmus presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e decide di eleggere la città a sua dimora, perchè, come afferma l’artista: “m’ha aperto le porte della sensibilità. Ho rotto la barriera della timidezza, per conoscere i suoi abitanti e sento che ogni giorno è pieno d’opportunità dipinte con i colori delle emozioni”. In questi tre anni, non sono mancati i riconoscimenti come il premio II Biennale Internazionale Ex Libris Palladio, tenutosi a Vicenza nel dicembre del 2010, con la calcografia dal titolo “A”.Colore. La stessa lastra è stata utilizzata nell’opera d’esordio della sua attuale esposizione, segno inequivocabile dell’incisiva continuità della sua cifra; l’opera ”Amore astemio” è arricchita da elementi riconducibili all’acqua, come i panni stesi e la vocale –A- reiterata, nell’ originale carattere piumato. La serie di calcografie realizzate dall’artista con l’esperto Stampatore Diego Cattarin, nascono dal segno dinamico e aggressivo, proprio dell’intensa vitalità dell’artista, che oggettivizza sulla superfice metallica la sua condizione esistenziale, così emozionale ed intensa da avere bisogno di strutturarsi nell’arte incisoria. La configurazione delle stampe d’Arte come “L’isola

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Brunnen Madchen

che non c’è” si definisce al II o al III stato, non va oltre; questo è indice della sicurezza compositiva dell’incisore, che non ha dubbi nel seguire la sua ispirazione, modulata non su una superficie passiva, ma vivente e articolata, quale è la lastra durante la morsura. La giovane Noemi dalla città lagunare ha recepito l’insegnamento di Emilio Vedova, il quale, benchè scomparso nel 2006, ha lasciato tracce straordinarie alla Fondazione Emilio e Annabianca Vedova a Punta della Dogana, e all’Accademia dove ha insegnato dal 1974/75; le scelte vedoviane del movimento, quale cerniera e apertura di mondi spirituali metafisici e della pluralità delle alternative che scatenano lo scontro sono leggibili nell’opera della Carrau Gual. Le figure emergono dal nero inchiostro, in linee frammentate e continue, dal punto di vista allegorico sono il buio della notte, il sogno che delinea i contorni della fisionomia di un vecchio, di porte verso l’ignoto, della lira. Una serie calcografica che esprime le emozioni dell’artista e sostanzia le sue visioni. Significativa è la presenza dei libri d’artista, genere che sottolinea il valore della stampa d’arte e delle edizioni limitate. Centro della sua ricerca artistica, il libro-pensiero è un’idea presa al volo e immediatamente trasferita sulla carta, con gesto libero e fresco. Sono libri che sfidano i formati convenzionali, oggetti che creano uno spazio interlocutorio con l’osservatore distratto e con il cultore d’arte, stuzzicano l’immaginazione per l’utilizzo della scrittura creativa, narrano delle case e dei campanili della città anfibia, ispiratrice di favolosi racconti e di mitici versi, è nella magica notte veneziana che “la scena si veste di sguardi che svegliano la liquida essenza delle pietre”.


ARTWORKS

L’isola che non c’è

NOEMI CARRAU GUAL

Campanile

La poltrona rossa

Laurea: Accademia di Belle Arti di Barcellona (2008) Atelier: Calle Tron, 1951 Santa Croce, 30135 Venezia Esposizioni: Barcellona (2005-08), Buenos Aires e Venezia (2009), Torino Barcellona Venezia (2010), Madrid Treviso (2011) Contatti: Tel. 041 22 97 e-mail nohemy1987@hotmail.com sito www.nacasona.net

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RECENSIONE

di Cristina Lorenzetto

STELLINA CIRINCIONE

BIOGRAFIA Stellina Cirincione, pittrice, scultrice e grafico, nasce a Legnago (Verona), dove attualmente vive e lavora. Si laurea in Scienze Umanistiche e in seguito si abilita in Storia e Filosofia. Ha insegnato Materie Letterarie. Attualmente è Presidente dell’Associazione Culturale Onlus “MAGICARGILLA” di Legnago e socia artista della SBAV – Società Belle Arti di Verona. Fin da giovanissima si impegna nel lavoro artistico e apprende le varie tecniche da autodidatta. Il suo interesse resta costantemente rivolto alla figura umana, soprattutto a visi e corpi di donne affusolate, sensuali, solitarie, magiche, ambigue, sempre accompagnate da un corredo di simbologie fantastiche che raccontano la fiaba della vita. L’incontro con la creta e la ceramica è per Stellina un’esperienza conoscitiva e creativa unica, dove l’arte diventa gioco e curiosità. Un percorso di ricerca personale del linguaggio plastico che ha trovato linfa nel contatto con artisti del settore, soprattutto grazie agli insegnamenti dell’artista vicentina Rosa Borroni. Sua è la formella in terracotta policroma “ Madonna dell’Umiltà” posta nella Piazzetta dei Padri Domenicani a Legnago (VR) e la targa in marmo e bronzo della Biblioteca Comunale Bellinato di Legnago (VR). Sue opere si trovano presso collezioni pubbliche e private.

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LE METAMORFOSI

GIUDIZIO CRITICO Ciò che colpisce subito nella pittura e nelle sculture di Stellina è l’ordine mentale nella composizione dello spazio. L’artista si crea per prima cosa un proprio mondo figurativo entro una geometria ben calibrata, che accoglie le immagini portate alla ribalta da un gettito continuo della fantasia. Questa geometria investe un po’ tutto, perfino la luce, che si palesa netta e lucida. C’è il superamento della realtà fisica e l’apparizione di un altro mondo suggerito dalla memoria di volti ed atmosfere intravisti col pensiero. Corpi e architetture di fondo sembrano avere la magia di una prospettiva ad incastri in un teatro leggermente metafisico. Le sculture sono il frutto della continua ricerca dell’artista dell’armonia delle forme attraverso l’alternanza di curve e di linee, di pieni e di vuoti. Il materiale preferito da Stellina Cirincione è la creta, talvolta rifinita con smalti, patine, colori acrilici, cere unite a pigmenti colorati. Una sensibilità tutta femminile ,quella della scultrice legnaghese, che si avvale della malleabilità dell’argilla per dar forma alle proprie sensazioni. I soggetti protagonisti delle sue opere sono infatti principalmente figure femminili talvolta raffigurate in sorprendenti metamorfosi, fra sogno e realtà, immerse in atmosfere indefinite, lontane dai vincoli del tempo. Cristina Lorenzetto

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ARTWORKS

LE MOSTRE PIU’ RECENTI -Mostra “Premio Carpanea” – Villa Sogno – Casaleone (VR) - 2011 -Mostra “Cre-attive – Ottomarzo.Femminile, plurale” – Palazzo della Ragione – Verona-2010 -Mostra “Creative – Emozioni al femminile” – Museo Fioroni – Legnago (VR)-2010 -Mostra “Arte & Musica” – Castello Estense – Sale degli Imbarcaderi - Ferrara -2009 -Mostra “Colori e forme dell’anima”-Centro Ambientale Archeologico-Legnago (VR)-2009 -Mostra “Dedicato a Lei” – Castello di S.Zeno – Sala Austriaca – Montagnana (PD)- 2009 -Mostra “Artiste in collezionismo”-Museo Fioroni –Legnago (VR)- 1999 -Mostra “Dettagli e primi piani”-Accademia Cavalcaselle- Legnago (VR) -Rassegna d’arte “Città di Bussolengo” -Rassegna Nazionale d’Arte Città di Legnago -Collettiva “Modenarte” -Collettiva Città di Soave -Rassegna Malatestiana Città di Rimini -Mostra Internazionale “Hermitage” di Modena -Mostra Internazionale di Reggio Emilia -Rassegna d’arte “Il Leone Rampante” di Abbiategrasso Hanno parlato di lei i critici d’arte: Giancarlo Beltrame, Gabriella Villani, Caterina Berardi , Pier Antonio Trattenero, Riccardo Battigelli

ABITAZIONE E STUDIO Via Padana Inf.Est n.10 37045 Legnago (VR) Cell: 335. 8012082 e-mail: alstar75@virgilio.it

WEBSITES: www.ioarte.org www.comanducci.it www.albopittoriitaliani-ast.it www.artbreak.com www.scultura.org www.equilibriarte.org www.artmajeur.com

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FOTOGRAFIA

di Renato Freddolini fred.renato@inwind.it

FOTOGRAFIA: Appunti (4)

Nascono i giorni / vivono / talvolta splendono / poi passano e vanno / veloci portano con sé / i ricordi nella casa del tempo (R.F.) Il paesaggio della memoria è un patrimonio individuale. Esso ci riporta alle prime percezioni dello spazio dentro il quale noi abbiamo costruito le nostre prime forme di conoscenza, le nostre prime relazioni socio-affettive e di incontro con gli altri. E’ un mondo lontano quello della nostra infanzia ma è anche quello della memoria più speciale, quello che maggiormente ha arricchito i nostri archivi come il percorso che porta alla scuola elementare, l’esplorazione avventurosa fuori dall’itinerario consueto, l’incontro con le cose del grande mondo che ci circonda, le nostre trasgressioni… Da un punto di vista fotografico questa ricerca può diventare interessante sia dal punto di vista compositivo che da quello delle scelte tecniche. Riandare con la mente al paesaggio dell’infanzia significa percorrere spazi integri; diversamente il paesaggio presente mostra spesso territori profondamente modificati nella loro struttura morfologica ed ambientale, nei quali è difficile ritrovare le situazioni di riferimento. Talvolta è necessario ricorrere alle figure retoriche (sì, si usano anche in fotografia): fotografare cioè degli elementi, delle cose, dei fatti per raccontarne degli altri.

Renato Freddolini da “Paese Intimo”.

Una scelta tecnica molto importante è senza dubbio quella riguardante il colore od il bianco e nero. In questo genere di fotografia il bianco e nero è preferibile al colore perché più forte è il rimando alla memoria, all’interiorizzazione, più forte anche la spinta ad andare oltre la superficie. Da “Paese Intimo”: “…..e le fotografie accompagnano anche fisicamente il visitatore, lo incantano….c’è la nebbia, scruti le ombre, ascolti il bambino che c’è in te….” (Mario Pavan, Il giornale di Vicenza). “…..Spetta poi alle fotografie seguire in progress l’appassionato rapporto con un ambiente fissato e nei particolati e nella grandiosità, visto con occhio mosso dalla sensibilità. L’ascolto della terra avviene con una prospettiva attenta ai risultati di luce ed ombre e priva di temporalità” (M.L. Ferraguti, La domenica di Vicenza).

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Renato Freddolini da “Paese Intimo”.


FOTOGRAFIA

Renato Freddolini da “Paese Intimo”.

Renato Freddolini da “Paese Intimo”.

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DESIGN

ALESSANDRA SCARFO’

Collezione Merci di Culto di Alessandra Scarfò Design

Leggera e sfiziosa, fresca e frizzante, preziosa e lussuosa è la collezione Merci di Culto. Firmata da Alessandra Scarfò, giovane designer operante nello scenario italiano e internazionale contemporaneo. Le diverse forme brevettate sotto forma di collezione alla Camera di Commercio, sono applicabili ad orecchini (plexiglass e argento 925), specchi e orologi da parete (plexiglass). Il filo conduttore vuol essere un omaggio al design e alla sua storia, richiamando alla memoria ciò che Carmagnola e Ferraresi definirebbero appunto “merci di culto” . In questo regno la merce è molto più che se stessa; in essa convergono un'infinità di interessi e suggestioni collettive, ricche di valenze evocative. Il senso di socialità e il rispetto per l'altro sono molto sentiti dalla progettista, che predilige il materiale specchiante, per stimolare ad un rapporto interattivo, ludico e creativo, catturando “porzioni di cielo e di terra”, da portare con sé. Le “Merci di culto” sono auto-prodotte e distribuite in diversi negozi: Pink Martini in corso De Gasperi e via Monferrato a Torino, via Piol a Rivoli (To), via Arduino Ivrea (To), Crim Shop in via San Francesco da Paola a Torino, Atlantide in via Rossini a Torino, in VIA VOLPI a Como, Kalos a Milano, Rebus a Milano, 20Mq al Mercato Testaccio di Roma, Design Center ad Antwerp in Belgio, Oledesign a Saint Etienne in Francia. Inoltre, sono in vendita nel Museum store del Museo Nazionale del Cinema della Mole Antonelliana di Torino, nel book store del Museo dell’Automobile di Torino, nel Museum Store del Museo Egizio di Torino, nel Museum Store della Fondazione Pomodoro di Milano e nel bookshop della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia. G.Berardinelli

Venere Primitiva, orecchino argento 925 e plexiglass collezione “Merci di Culto”

Sedia n.14, orecchino argento 925 e plexiglass collezione “Merci di Culto”

Packaging per orecchini e collane collezione “Merci di Culto”

Vetrino germi, orecchino argento 925 e plexiglass collezione “Merci di Culto”

Uciai V, collana argento 925 e plexiglass collezione “Merci di Culto”

Mole, corecchino argento 925 e plexiglass collezione “Merci di Culto”

Lampada K , orecchino argento 925 e plexiglass collezione “Merci di Culto”

Traliccio , orecchino argento 925 e plexiglass collezione “Merci di Culto”

AS Design

Collezione Merci di Culto info@alessandrascarfodesign.com www.alessandrascarfodesign.com +39 340 22 16 101 Turin-Milan-Como-Venice-RomeBelgium-France Ingranaggi, orologio da parete collezione “Merci di Culto”

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IDEA, specchio da parete collezione “Merci di Culto”


GRAZIA BERARDINELLI

ARTISTI

Grazia Berardinelli Incisore, pittrice e poetessa

Grazia Berardinelli è nata a Trivento (CB) il 02-07-1952. Dopo il diploma magistrale si è laureata in Psicopedagogia, indirizzo Psicologico all’Università degli Studi di Torino. Ha insegnato lettere presso le scuole medie inferiori e superiori. Ha scritto e pubblicato una ricerca di Toponomastica sul territorio natio. Oltre ad essere un’artista affermata scrive poesie, articoli e recensisce artisti su diversi giornali locali, prediligendo le lettura di opere in chiave psico-grafologica.

La prigione, acquaforte10x15, 2006

Papaline, olio su tela 60x40, 2007

“Tradizione ed ispirazione poetica dialogano in modo vivace nella personalità artistico-letteraria sensibile, sin dalle prime esperienze coltivate accanto al padre restauratore al segno nervoso che circoscrive il soggetto senza tuttavia rinchiuderlo in una gabbia rigida. E’ infatti la tecnica incisoria con tutte le sue varianti, dall’acquaforte all’acquatinta, dalla punta secca alla ceramolle, ad affascinare l’artista che passa con dimestichezza dall’una all’altra di esse, seguendo, in sintonia con i toni emozionali che i soggetti paesaggistici o intimistici le hanno suscitato, un iter introspettivo e al contempo comunicativo...” Manuela Cusino (critico d‘arte) “Una donna incisore il cui segno dolce, delicato, mai violento sa rappresentare situazioni liriche e drammatiche convincenti ...” Giuseppe Grosso (pittore e incisore) “Non è vero che l’amore vuole solo i grandi fiori, ama anche i piccolini come a dire i gelsomini. Complimenti e cento applausi all’artista Berardinelli...” Avv.Vincenzo Camarra (Professore di Filosofia) “...Lo spirito d'osservazione, la meticolosità e la precisione caratterizzano i lavori di Grazia Berardinelli che ha saputo interiorizzare gli insegnamenti della tradizione - riscontrabili nell'attenta cura del particolare - pur senza tralasciare la sperimentazione...” Carola Serminato (critico d‘arte) contatti: grazia.berardinelli@tiscali.it

Paesaggio Mediterraneo, olio su tela 50x60, 2006

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ARTWORKS

di Dott. ssa Barbara Vincenzi

L’INTIMO REALISMO

DI TIZIANA OCCHINERO Artista pugliese, Tiziana Occhinero si dedica interamente alla rappresentazione di soggetti figurativi che spaziano dalle composizioni floreali, ai paesaggi marini, alle nature morte; ed è proprio attraverso le sue splendide nature morte che Tiziana svela ed investe tutta l’attenzione, l’energia e la carica emotiva. Legata alla sua terra natale, Manduria (TA) dove nasce nel 1960, ha colto del suo territorio gli aspetti culturalmente più elevati, riconoscendone la portata storica e le tradizioni secolari più semplici e solari delle origini. La sincerità d’animo la porta inevitabilmente ad un livello più “alto” della comunicazione: senza infrastrutture stilistiche o elaborazioni superflue, l’artista ci racconta la realtà che la circonda così come la percepisce, ricreando, attraverso le opere un clima intimo e familiare che ci cattura in modo confidenziale, raggiungendo i nostri sensi. Un clima che si lega al nostro vissuto itinerando nella nostra memoria passata e conducendoci al presente. Le nature morte di Tiziana, sono spesso filtrate da un senso malinconico del ricordo e, dell’esperienza: a questo proposito cito la “natura morta con brocca e piatto di porcellana”. Accattivante è notare come ritrae la realtà rammentata nella sua imperfezione, da lei catturato senza idealizzazioni, ma nella fragilità che l’uso ne comporta, evidenziato dalla scheggiatura nel bordo del piatto; tutto avviene con semplicità e affetto, coinvolgendo nelle rappresentazioni, anche il tempo del vissuto, delle tradizioni antiche ancore vive dei suoi luoghi. Ed ecco brocche in terracotta, bottiglie vuote, mele, castagne, meloni, pomodori raccolti in cesti di paglia intrecciata, bicchieri vuoti di vino consumati a pranzo, melograni, uva, spighe di grano, tutti elementi tipici del territorio salentino. Gli sfondi sfumati dei grigio tortora, dei terra e degli ocra si fondono armonicamente lasciandoci “assaporare” immagini di alto lirismo, pura poesia che si eleva a cultura non solo popolare, ma si fonde con la storia, le tradizioni, i sapori di luoghi. I colori caldi ed intensi dei rossi, dei blu, degli ocra e delle terre, dati sempre con estrema eleganza in raffinati abbinamenti, rivelano dettagli inconsueti ed una sensibilità che raggiunge l’anima dello spettatore. Il suo, un mondo genuino, che ci riporta alla vita, alle origini, alla gioia del sentire e vedere. Le calle appena colte, le composizioni floreali o le vettovaglie ritratte ci raccontano di un mondo intimo che evocano, imprigionando la luce al colore, esperienze di vita, eventi sopiti, sapori persi, che si avvicinano al pubblico con estrema immediatezza. Straordinaria inoltre, la leggerezza con cui stempera i toni, creando ed ottenendo sfumature diverse, anche le più intense e brillanti, tra luci ed ombre sottili, non venendo mai meno a quel tocco delicato e raffinato che le appartiene intimamente, e ne fa una peculiarità tipica della sua arte. Importante è ricordare che alcune sue opere sono custodite in Turchia, America, Germania, Grecia, Tunisia, Inghilterra e Spagna, che fanno della Occhinero una pittrice internazionale. Barbara Vincenzi

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ARTWORKS

INFO

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Pavimenti alla veneziana: un’opera unica e irripetibile

Il pavimento alla veneziana nasce dal gesto dell’artigiano nel posare l’uno dopo l’altro un frammento di pietra di forma e colore diversi. La ditta Sgarbossa Dino e Figli utilizza fin dal 1961 una tecnica costruttiva che si rifà a quella dei tempi antichi, quella veneta del “fresco su fresco”: nell’arco di 24 ore si completa la realizzazione del pavimento, in modo da evitare fessurazioni. L’infinita varietà di quest’arte consente un ampio ventaglio di scelte, sia classiche che moderne.

Pavimenti Artistici in Veneziana e Palladiana e Manufatti in Graniglia di Marmo

Cassola VI - V. Fabio Filzi 8 (statale Rosà-Bassano) Tel. 0424 567524 - Fax 0424 569749 34 EIKON www.sgarbossadino.it - info@sgarbossadino.it


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Via Barsanti n.18 Malo (VI) tel. 0445/605909 Fax 0445/587521 Cell. 0335/5459588 www.impresacanova.it direzione@ilmuratore.it


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in maglieria signer ata e capo integrale, maglieria.

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