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PIETRO NEGRI EDITORE

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un modo nuovo di comunicare la creatività

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Roberto Fantini Il gioco del rovescio Fernando Costa Cosmic circles Boscolo e Meneghini alla Galleria ART.U’ Lorella Fabro Luce su tela Luke Wynne alla Tao Gallery Alberto Lanzaretti Il mondo a modo mio Usama Saad Alchimia Fatima Tomaeva Tra Russia e Italia Andrea di Centa Tra luce e segno Valeria Mariotti Casa dei Carraresi Marko Kukic Arte e colore Santina Pellizzari Energica Emanazione Antonella Burato Angeli e atomi Corrado Cagli Jim Goldman Dall’ Italia e Usa Vicenza Medioevale I chiostri domenicani di Santa Corona Festival del Mistero L’antica città

N.11

NOVEMBRE - DICEMBRE 2010



In copertina: Opere di Roberto Fantini

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Roberto Fantini Il gioco del rovescio Fernando Costa Cosmic circles Boscolo e Meneghini alla Galleria ART.U’ Lorella Fabro Luce su tela Luke Wynne alla Tao Gallery Alberto Lanzaretti Il mondo a modo mio Usama Saad Alchimia Fatima Tomaeva Tra Russia e Italia Andrea di Centa Tra luce e segno Valeria Mariotti a Sinthesi

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N.11

N. 11 Novembre - Dicembre 2010 Bimestrale di comunicazione e cultura contemporanea Direttore responsabile Maria Elena Bonacini Redazione Maria Rita Montagnani Annette Ronchin Gabriella Niero Mara Campaner Maura Fontana Barbara Vincenzi Marta Longo Laura Leone Lorena Zanusso Bruna Condoleo Claudia Doppio Pietro Negri Editore Corso Palladio, 179 36100 Vicenza Stampa Grafiche Corrà Arcole (VR)

TAO

Pietre & Perle

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NOVEMBRE - DICEMBRE 2010

IV MOSTRA DI PERLE COLTIVATE SPETTACOLARE SCELTA DI PERLE COLTIVATE

L’Editore si dichiara pienamente disponibile a regolare eventuali pendenze relative a testi, illustrazioni e fotografie con gli aventi diritto che non sia stato possibile contattare.

certificate da CORI COLLECTIONS -importatore esclusivo 10 - 11 - 12 DICEMBRE e 17-18-19 DICEMBRE dalle 9,30 alle 20,00

Eikon Magazine E’ vietata la riproduzione anche parziale di testi e immagini presenti su tutta la rivista

VICENZA Str.lla S. Barbara, 1/b Centro Storico 0444 324915

Supplemento della testata Museohermetico Reg. Trib. VI. 1115 del 12.09.2005 roc n. 13974

Ti auguriamo un sereno Natale ed un felice 2011

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I professionisti dell’udito Vicenza Str. Cà Balbi 320, Bertesinella - Tel. 0444 911244 Montecchio Maggiore (VI) Largo Vittorio Boschetti 17 - Tel. 0444 499913 Santorso (VI) Via Ognibene dei Bonisolo 29 - Tel. 0445 540678 Bassano del Grappa (VI) Via Scalabrini 47 - Tel. 0424 529034 Rubano (PD) Via Antonio Rossi 24 - Tel. 049 635600 www.elettrosonor.it

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Recensioni

Roberto Fantini ROBERTO FANTINI Il gioco del rovescio

di Maria Rita Montagnani

Roberto Fantini è di sicuro un artista avvezzo alle intemperie della vita, dalle cui insidie si schermisce con il suo ombrello “ripara-sogni”. In verità sotto quell’ombrello ha riparato anche il suo fantasmagorico mondo, con cui da sempre si intrattiene con un altrettanto strabiliante gioco del rovescio. In questo ludico e lucidissimo intento, questo artista-bagatto, contrappone la seriosità dell’esistenza ad una visione delle cose scanzonata ma ancora incantata, dove momenti di alta poesia, si alternano a momenti di grande e gioiosa solarità. La sua pittura come avviene anche nel sogno, ci dice questo come se fosse quello, ed ogni cosa ne rimanda ad un’altra, magari al suo diretto contrario. Così l’apparato dei simboli si sovrappone all’armamentario dei ricordi, ed essi a loro volta rimandano alle mobili fantasticherie del giorno, ma anche alle valenze oniriche del mondo notturno. La rappresentazione compositiva è strutturata in una geometrizzazione dello spazio mentale prima ancora che fisico, dove compiutamente si realizza attraverso precise simmetrie di segni e disegni, molto spesso caratterizzate da silhouette animali che hanno molto poco a che fare con il mondo animale e molto con quello mitologico. La dimensione irreale delle opere di Fantini, avvolge ogni figura nell’essenza della propria sintesi formale, per cui quanto più la forma si trova stilizzata, tanto più grande è l’energia che essa sprigiona. I cromatismi accesi, talvolta timbrici e brillanti, vanno dalle gamme calde a quelle fredde, dalle ocre e i gialli vivissimi agli azzurri intensi, a sottolineare il profondo coinvolgimento emotivo e spirituale dell’artista, che gioca anche con gli umori dei colori oltre che con i propri. La sua arte è una commistione magica del mondo infantile e di quello ancestrale, ne possiamo cogliere gli echi in quei delicati richiami alle raffigurazioni primitive ed anche all’arte negra, nel cui connubio possiamo percepire al contempo l’atmosfera vibrante di certe opere di Matisse. In questo contrapporsi di primitivismo e di moderno, fino al linguaggio contemporaneo, si articola un percorso artistico complesso e tuttavia sintetico, le cui fasi sono stigmatizzate in una straordinaria “joie de vivre”, che per Fantini è esperienza continua di un’inestinguibile vitalità interiore. Per ciò che concerne l’altra forma d’arte di Roberto Fantini, la scultura, anch’essa gioca al rovescio con le contraddizioni del mondo, la sua predilezione per i volumi pieni e per la rotondità, ci parla di un desiderio perenne di armonia, di equilibrio tra i propri sogni e i propri bisogni. Sia attraverso la pittura che la scultura, Fantini ci parla sul filo della sua elegante ironia, in un modo sempre intrigante, mai retorico o banale, bensì poetico e sognante. Così ci fa vedere le mirabolanti peripezie del giorno attraverso quelle della notte, trasferisce la luminosa gloria del passato nel rutilante nulla del nostro presente, ed opera l’incantesimo della gioia che sopravvive allo sciogliersi nelle lacrime di una grandissima malinconia. “Non dirmi che la luna splende, mostrami il riflesso della sua luce nel vetro infranto” dice A. Cechov, ed è esattamente ciò che fa anche Roberto. Esso ci mostra come la bruciante nostalgia del mondo perduto, dell’infanzia perduta, del paradiso perduto, sia infine la spinta creativa che porta questo artista a ricostituirne l’ordine e la grandezza, ricreandola e re-inventandola in ogni sua opera. E lo fa con un gioco che è sogno, ma nel gioco del rovescio il sogno è la sua realtà. Maria Rita Montagnani mrmontagnani@gmail.com

Difendi l’azzurro del tuo sogno, sia che venga dal cielo o dal mare e non intimorirti quando esso virerà al cupo. Devi imparare a nuotare nel cielo e a volare nel mare. Disegna un labirinto sulla tua infanzia cosmica, uniscilo al nero della notte, intreccialo al grigio della vita e al suo contrario. Ritaglia la tua anima dentro a forme colorate E falla volare in alto come un aquilone. E preservala sempre dal bianco nulla .

Neri Tancredi


contatti: rf@fantiniarte.it www.fantiniarte.it

protagonisti dell’arte contemporanea

Roberto Fantini

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Progetti

Fernando Costa FERNANDO COSTA Cosmic Circles

Fernando Costa, o “FC” come viene chiamato artisticamente, ha studiato arte nel Museo di Arte Moderna di Bahia in Brasile e oltre al percorso di 8 anni sperimentando le varie tecniche delle arti visive ha intrapreso ben presto varie altre vie complementari come la musica percussiva, il teatro d’ improvviso, lo sciamanesimo, le pratiche taoiste (Qi Gong), la capoeira (lotta folclorica di origine afro brasiliana) e ha trovato nell’ utilizzo del bastone l’ aspetto performativo sterno della sua maggiore espressione artistica che lui definisce come lo “sferografismo”, ossia la creazione di grandi opere d’arte adoperando penne biro colorate su tele per comporre opere fantastiche che ci mettono mesi ad essere realizzate. Da più di un anno ormai lavora su un progetto incredibile.. sta facendo pian piano un disegno tutto fatto a penna che ormai ha 3m di altezza per 5m e 30cm di larghezza e che pretende arrivare a 9m e 48 cm di larghezza entro il 2012, per esporlo in un grande cilindro alto 3m, con diametro di 3m e linea di circonferenza di 948cm. Il tema è la spiritualità nella visione dei vari popoli che abitano la terra, l’esoterismo in una visione trascendentale dove in 360° il pubblico girerà a torno a il disegno vedendolo combaciarsi in un cerchio infinito con contenuto da mozzare il fiato a chiunque provi a capire la esteriorizzazione di queste visioni cosmiche composte da questo artista integrale che da sempre è in via della ricerca del’ auto conoscenza. Le dimensioni di quest’opera si inspirano alla filosofia ermetica del numero 3 la monade cosmica. Fernando Costa vive, studia e lavora a Bologna e è in ricerca di un posto adatto dove esporre questa grande opera e altre ancora già pronte che ha prodotto in passato insieme alle sue performance per confrontarsi col pubblico in un evento d’ arte a 360° letteralmente!


contatti: fernandofcosta@live.it www.apocalipsedhyana.biz

Fernando Costa

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Mostre

Meneghini Boscolo A. MENEGHINI - O. BOSCOLO

Mostra: I profili dell’anima dal 4 al 19 dicembre 2010

I profili dell’anima

Galleria ART.U’. via Soccorso Soccorsetto, 17, Vicenza, Centro Storico inaugurazione: sabato 4 dicembre 2010 ore 17.30 Presentazione a cura: dott. Gabriella Niero Orari di apertura: martedì, mercoledì, venerdì, domenica dalle ore 16.00 alle 19.00 giovedì e sabato dalle ore 10.30 alle 12.30 e dalle ore 16.00 alle 19.00

OSCAR BOSCOLO “Le raffinate interpretazioni scultoree dell’artista padovano rappresentano un mezzo poetico per comunicare al mondo le intense fattezze espressive, interpretate in chiave sintetica, della figura femminile. Ogni creazione, imperniata sul nudo e trasfigurata dalle preziose sinuosità della terracotta, un momento intensamente vissuto, una magia che attraverso l’interpretazione lirica coinvolge i sentimenti più profondi.” Gabriella Niero ANTONIETTA MENEGHINI “In ogni sguardo delle sue bellissime donne si intravede il segno dell’autocoscienza femminile capace di indagare il mondo dei sentimenti e di sperimentare, per quanto possibile nell’attuale società che assimila la donna a oggetto estetico, l’autodeterminazione, spesso interpretata dagli uomini come velleitaria aggressività.” Marta Breuning

Antonietta Meneghini www.antoniettameneghini.it phone: +39 338 21 48 302 mail: a.menega@yahoo.it Oscar Boscolo via G. Matteotti, 26 San Giorgio in Bosco (Padova) e-mail oscarboscolo@alice.it tel. +39-049.5996697 cell. 3335864744

. Antonietta Meneghini “Nei volti femminili c’è un’allegoria fantastica, un’epifania sottile di quel segreto che ogni stato d’animo nasconde, dietro le proprie quotidiane espressioni. L’opera di questa pittrice mette in luce aspetti di una ricerca che sembra inesauribile di suggestioni intellettuali, di motivi e d’immagini narrative. Sono qui ibridati i fantasmi che intimamente ci percorrono e ci sollecitano. Sembra, infatti, di riscontrare tracce di quelle ossessioni che attraversano i volti di un po’ tutti noi e che così bene sanno raccontare chi siamo.” Da “Nuova Arte”, 2008

Oscar Boscolo La figura umana è squadrata e scavata secondo gloriosi modelli della plastica cubista. C’è nerbo, c’è tensione; ma c’è anche compattezza strutturale; quindi ritmo. Lo scultore padovano nelle sue opere ci dà la misura di una conciliazione tra un’armonia antica e un’espressività moderna. Ne risultano masse mai inerti, bensì innervate da una interna energia. Paolo Rizzi


Oscar Boscolo OSCAR BOSCOLO L’anima e il corpo

di Gabriella Niero

I corpi nudi di giovani donne esprimono tutta la loro sensualità. Talvolta muovono passi di danza leggeri e cadenzati oppure scuotono il ventre come moderne Salomè. Sinuose ed eteree, vibranti nello spazio, misteriose nelle espressioni dei volti. Le sculture di Oscar Boscolo ci colpiscono all’istante per l’intensa raffinatezza, per quel modo ammiccante di attrarre, per la loro pelle risolta attraverso una lavorazione morbida della materia: la creta patinata. E’ un percorso maturo nato da una passione che ci porta lontano, a molti anni fa. E’ noto che Oscar, di professione, creava e modellava i prototipi di noti giocattoli, ne studiava l’espressione, le smorfie, il carattere: la creta era il mezzo per raggiungere risultati commerciali importanti e nel contempo contribuiva al perfezionamento tecnico dell’autore. Poi la svolta, la scultura vera e propria, il desiderio di esprimere la bellezza assoluta del corpo umano, di analizzare i profili emozionali della figura. Si rivela nella forma la trasfigurazione di uno stato d’animo, il tocco sapiente che attraverso il modellato comunica riflessioni, segreti o arcane seduzioni. Ogni scultura diventa un messaggio per accedere alle pieghe segrete della vita ed avvertirne i turbamenti sottesi: Oscar Boscolo dà voce espressiva alle sue creature per liberare ciò che c’è dentro e di riflesso spoglia metaforicamente anche se stesso. Le sue sono “presenze che evocano sentimenti appartenenti principalmente a una poetica interiori, e poi più in generale a un mondo sospeso tra l’immaginario e il reale. Di riflesso i suoi lavori prendono consistenza o leggerezza nello spazio, seguono una linea melodiosa e misurata, danzano attraverso dolci morfologie. Ogni soggetto, - una fanciulla in posa, una coppia di ballerini o i recenti volti bronzei dalla forte introspezione psicologica - respira e pulsa sotto le superfici soprattutto quando mostra accenti cromatici che si riflettono nell’effetto plastico perfettamente in equilibrio tra luce e ombra. Solidità estetica e plastica, intrinseca purezza, riflessione interiore sono termini che insieme caratterizzano l’arte di Oscar Boscolo nel suo raggiungimento di una felice sintesi tra natura e geometria, tra sentimento e ragione, tra arte e vita.

BIOGRAFIA Oscar Boscolo nasce a Padova il 24 maggio 1942 ed ora risiede e dà vita alle sue opere nella località padovana di San Giorgio in Bosco. Frequenta l’istituto d’arte “Pietro Selvatico” della sua città natale. Si impegna nella lavorazione della ceramica restando così in ambito creativo. Dal 1963 si dedica con successo alla creazione di soggetti in creta per l’industria del giocattolo, realizzando personaggi tridimensionali di sua invenzione o della tradizione Disneyana e della Metro Goldwin Mayer. Dal 1995, non più vincolato dagli impegni professionali, si dedica unicamente alla sua originale passione: la scultura. Oscar Boscolo via G. Matteotti, 26 San Giorgio in Bosco (Padova) e-mail oscarboscolo@alice.it tel. +39-049.5996697 - 3335864744

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Mostre

Mostra: I profili dell’anima dal 4 al 19 dicembre 2010

Luke Wynne LUKE WYNNE Places I’ve done time

Galleria TAO Str.lla S. Barbara, 1/b Vicenza, Centro Storico inaugurazione: sabato 4 dicembre 2010 ore 17.30 Orari di apertura: da martedì a sabato 9,30 - 20,00

BIOGRAFIA: Luke Wynne si è laureato con lode alla New England School of Photography di Boston, Massachussetts. Dopo la laurea, ha fatto ritorno nella sua città natale, New York City, ed ha cominciato la sua carriera fotografica. A New York, Luke Wynne ha lavorato su diversi incarichi fotografici sia in pubblicità, sia nell’editoria che nel ritratto. I suoi lavori sono apparsi sulle riviste Andy Warhol’s Interview, New York e Cosmopolitan. Inoltre si è occupato della stampa delle fotografie in bianco e nero pubblicate nel famoso libro “A Portrait of the Theater” di Frederic Ohringer.m. Nel 1980 si è trasferito a Hollywood, California, ed ha lavorato come fotografo professionista in oltre 40 film e programmi televisivi. Durante questo periodo ha inoltre fatto numerosi ritratti di stelle del cinema quali Richard Gere, Whoopi Goldberg, George Clooney, Julia Roberts, Anthony Hopkins e Dennis Hopper. Nel 1995 ha lavorato per Take Off International come foto-giornalista per il gruppo editoriale francese, Prisma Press. I suoi ritratti “in famiglia” di star televisive protagoniste di Beautiful, Santa Barbara e The Young and the Restless sono apparsi sulle riviste Voici e Tele-Poche. Rappresentato dall’agenzia fotografica Sigma e GammaLiaison, le sue fotografie sono state pubblicate su riviste di tutto il mondo. Luke, sua moglie Barbara Dorio e i loro due gatti si sono trasferiti a Vicenza nel 1999. A Vicenza si diletta nel fare fotografie personali.

“...che si voglia o no, grazia e bellezza sono compiute. Il minimo che possiamo fare è cercare di essere accanto a loro.” Annie Dillard - Pellegrino a Tinker Creek (Pilgrim at Tinker Creek) – Premio Pulitzer per la letteratura, 1974 ••• Durante i circa quarant’anni della mia professione di fotografo, ho maturato l’idea che ciò che è intorno a noi può essere diverso da come realmente appare. Molte volte, in uno scatto, ciò che sembra un muro non lo è affatto. Potrebbe, invece, essere una porta! Ma, agli occhi del fotografo, è apparso come un muro e come tale lo ha rappresentato. Quello che a noi è fisicamente vicino, ai suoi occhi può apparire lontano oppure, attentamente osservato, apparirà qualcosa di diverso. Punti di vista e diverse percezioni della realtà. Questo potrebbe leggermente confondere.........o leggermente sorprendere. Abituarsi alla concreta idea di molteplici universi non è semplice,richiede un pò di tempo. Ma, una volta fissato l’occhio sull’obbiettivo della macchina per catturare l’immagine, estrapolati da ogni contesto un’automobile, una casa, un albero, una tazza di caffè, un tavolo, una sedia ,una nuvola, un cartellone pubblicitario, una pompa di benzina, la realtà sarà davvero cambiata. Benvenuti in un altro mondo! Ciò che abbiamo imparato non sarà più quello che vediamo. Ho sempre avuto la convinzione che la fotografia sia un misterioso equilibrio di s-proporzioni. Dietro una foto ci sono il fotografo, il soggetto e la tecnologia ed il giusto dosaggio di queste tre componenti darà il risultato. E di questo risultato che è un universo, il fotografo è il vero padrone. A volte per scelta, a volte in modo del tutto occasionale, il fotografo ha il potere di creare una diversa realtà. Come tale essa apparirà ad i nostri occhi. Ed esattamente come William Shakespeare ci scrive “Qui sta l’inghippo”. Questo genere di fotografia può apparire estremanente soggettiva; in realtà, ognuno di noi ne potrà godere. Armatevi di bagaglio, signori. Il viaggio sta per cominciare. Vedrete ciò che vorrete vedere. Benvenuti nel mio mondo e...............chiudete gli occhi!

La mostra è organizzata dal Fotoclub IL PUNTO FOCALE nell’ambito del programma di esposizioni “FOTOBERFEST 2010” www.ilpuntofocale.it


Lorella Fabro LORELLA FABRO Luce su tela

Mostre

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contatti: info@lorellafabro.com mattia.carlin74@gmail.com


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Mostre

Alberto Lanzaretti ALBERTO LANZARETTI Il mondo a modo mio

di Maura Fontana

L’intarsio o tarsia lignea è un tipo di decorazione che si realizza accostando minuti pezzi di legni o altri materiali di colori diversi. Diffusa già nel Trecento tra il 1440 e il 1550 raggiunge il massimo della fioritura, sviluppando quello che verrà definito da André Chastel “il cubismo del Rinascimento”. Con le opere di questo artista che si situa nell’ambito dell’astrazione credo di poter affermare che abbiamo invece il “rinascimento del Cubismo” dove il colore, attraverso l’uso originale della materia lignea, diventa forma sostanziale della narrazione artistica. Quando Alberto Lanzaretti mi ha proposto di presentare le sue opere, ho immediatamente rivissuto lo stupore che provai la prima volta di fronte alle sue Tarsie lignnee. La chiave di approccio è proprio questa: Innanzi tutto, l’emozione! Soltanto dopo la comprensione! E’ come se l’autore stesso, attraverso queste opere, dicesse: Voglio dipingere la verginità del mondo! Senza inquietudini, ma con sorprendente, gioiosa, consapevole luminosità del vivere. Si! Tutte queste opere sono caratterizzate dalla luce. La luce, in queste pitture/ sculture è strutturale, sostiene ogni tarsia, ed è una cosa che non potendo essere riprodotta, viene rappresentata dall’artista in modo incondizionato attraverso un’altra cosa: il colore. Questi assommoir, questi incastri di forme colorate di legno, sono come vetrate, attraversate dalla luce, ipnotizzano, catturano lo sguardo e contrariamente a quelle delle cattedrali, si liberano dalla carica religiosa per diventare gioioso laicismo che coalizza la trasparenza alla materia. Gioco e verità, questa è la chiave di lettura delle opere di Alberto Lanzaretti, poichè l’arte è una bugia che gli fa realizzare la verità, attraverso una visione del reale fortemente dinamica nella quale riesce a trasmettere molto di più di quello che sembra, in quanto gli consente di riassemblare il suo soggetto in forme più astratte, ma senza tuttavia alterare il suo soggetto a tal punto da sconfinare nella pittura puramente astratta. Nelle sue opere domina la responsabilità geometrica delle forme, tanto da poter definire Lanzaretti un artista moderno che libera la sua arte da propositi pratici ed estetici per assecondare una autentica sensibilità plastica per viaggiare –come lui stesso dice- a lato della realtà in modo fantastico e, aggiungo io, con tutti i suoi più profondi significati. Auto Due nuova filiale TOYOTA di Schio, presenta la mostra personale di pittura di ALBERTO LANZARETTI “Il mondo a modo mio” che si terrà dal 20 novembre 2010 al 31 dicembre 2010. L’inaugurazione avverrà il 20 novembre alle ore 19, con la presentazione a cura di Maura Fontana, presso la Concessionaria Auto Due TOYOTA Via Lago di Garda 86, Schio. La mostra è visitabile tutti i giorni, negli orari di apertura della Concessionaria (dalle 8.30 alle 19.30) Negli spazi della Concessionaria, saranno esposte alcune opere dell’artista

www.lanzarettialberto.it info@lanzarettialberto.it mostra “il mondo a modo mio” dal 20 Novembre al 31 Dicembre


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Emergenti

Usama Saad USAMA SAAD Alchimia

di Bruna Condoleo

Erede della grande tradizione incisoria europea, Usama Saad, coniugando passione, abilità tecnica e sensibilità artistica, realizza acque forti e acque tinte che sono un felice esempio di sincretismo culturale. Prelevando dal suo Paese d’origine, l’Egitto, elementi aniconici, scritture coraniche, gusto decorativo, e assumendo dal linguaggio occidentale il valore della forma, le cui suggestioni spaziano dal gotico al Rinascimento per giungere alle Avanguardie del ‘900, Usama ha ideato un’iconografia caratterizzata da una personalissima contaminazione estetica. Un linguaggio alchemico, il suo, che articola evocazione e invenzione, che raccoglie e decifra gli echi multiformi del suo passato culturale e li sintetizza, collegandosi alle fonti dell’immaginario collettivo, con una visionarietà di gusto surrealista. Figure umane e animali fantastici, idoli misteriosi e simboli esoterici (come l’occhio di Ra!) si armonizzano nelle sue opere grafiche in un crogiolo di forme in cui la mente spesso si smarrisce nel desiderio 1 2 . C R Idi T Idecifrare C O G Ametafore, B R I E L LdiAindividuare N I E R O rimandi estetici o messaggi criptici. Un universo di immagini enigmatiche, quello inciso dall’Artista, caratterizzato dalla sorpresa del prodigio e definito da una linea energica che, addentrandosi nella sfera complessa della psiche, racconta storie antiche e fobie contemporanee, rivisita miti, leggende, testi sacri, avvalendosi delle inquietanti presenze del mondo onirico. Usama traduce con intenso pathos i suoi stati d’animo di cittadino della terra e attraverso visioni pregne di bellezza, come gli eleganti ippocampi fluttuanti nelle acque di un Mediterraneo culla e ispiratore di tutte le più affascinanti civiltà, egli testimonia la ricchezza figurativa che nasce dalle interferenze fra differenti culture.

BIOGRAFIA Usama Saad, nato a Il Cairo nel 1963, dove ha collaborato per due anni, come illustratore presso un noto giornale egiziano. Trasferitosi a Roma nel 1986, ha frequentato il centro sperimentale cinematografico (Maldoror), come operatore televisivo e qui ha collaborato come insegnante di ripresa. Ha collaborato per la produzione di alcuni documentari. Nel 1994 ha ottenuto il premio della giuria nel festival del film documentario ad Amsterdam. Ha frequentato, inoltre, il corso di incisione presso la Scuola/Laboratorio dell’Associazione Four for art di Roma diretto dal M° Ernesto Nino Palleschi. Le mostre 2010: - ISTITUTO ITALIANO DI STUDI GERMANICI (VILLA SCIARRA) - RIVA DESTRA (ROMA) - FORME E COLORI DI PRIMAVERA (TERNI)

Il sito: www.usamaincisione.co.cc La e-mail: s.usama@hotmail.it.



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Fatima Tomaeva FATIMA TOMAEVA

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Emergenti

Tra Russia e Italia

di Dott.ssa Barbara Vincenzi

Dalla classica iconografia ortodossa russa alla nuova modernità Fatima Tomaeva, pittrice di origine caucasica, da sempre affascinata dalla pittura italiana con particolare riferimento all’Arte Rinascimentale, approfondisce gli studi in Russia, presso l’Università d’Arte Tuganova Vladicavcaz, diplomandosi in Pittura-Design e, successivamente, nel 1996, laureandosi con successo presso l’Accademia delle Belle Arti Kosta Hetagurova a Vladicavcaz. Dopo aver promosso diverse mostre in Patria, tra cui le città di Mosca e S.Pietroburgo ed in altre località europee, nel 1999 si trasferisce in Italia, risiedendo stabilmente a Gabicce Mare dove attualmente svolge la sua attività artistica. La sua forte attitudine all’arte, la porta a spaziare in diversi ambiti pittorici, dalla classica iconografia ortodossa russa quattrocentesca, alle più attuali e moderne figure femminili, alla ritrattistica ed alla natura morta. Nella sua ricca produzione spiccano con particolare rilievo le immagini di figure femminili, tra cui leggiadre figure di ballerine colte soprattutto nei momenti di pausa e riposo dopo la danza. Equilibrata e ben assimilata risulta essere l’anatomia corporea dei corpi, approfondita dopo lunghi anni di studio presso le severe Accademie dell’allora “Oltrecortina”; corpi che seppur colti con una certa austerità e perfezione di stile iniziale, lasciano trasparire la profonda tenerezza con cui l’artista le osserva, non nascondendo una vena romantica, che ne mette in risalto i diversi stati d’animo, pensieri ed inquietudini interiori. Eleganti ballerine, raffinate donne aristocratiche, corpi slanciati e nudi, sono rappresentate con un segno rapido e sicuro, con una pennellata vigorosa che rendono vibranti i colori degli abiti e delle carni. La freschezza degli incarnati è data con tratto virtuoso a larghe campiture con guizzi e contrasti di colore che ne esaltano forma e luce. Risaltano le pose leggere che raccontano momenti della danza: le ballerine sorprese durante il lavoro, in attimi di quotidianità, sono rappresentate con colore energico e delicato allo stesso tempo, con un gesto che ne coglie le sottili stoffe di tulle che variano dai rossi accesi a più delicati bianchi, ai grigi e rosa. In “Corpi” un uomo ed una donna sono colti avvinghiati, in un momento d’intimità e, resi in modo concitato e palpitante con l’uso del colore dato a tratti rapidi e cangianti ed a sferzate energiche. In “ritratto di “Donna in nero”, ferma in uno scatto fotografico, la bella e slanciata figura femminile, dama in abito scuro abbigliata con costume che ricorda la bélle époque francese di fine ottocento, ricordandoci in questo, il grande Maestro ferrarese Boldini, affermato ritrattista mondano e cantore ufficiale della società edonistica dell’epoca. Il colore nero dell’abito della donna, brilla nei colpi di luce blu cobalto delle piume al collo e del copricapo, in contrasto con il color rosso rame dei capelli. La modella in posa “buca” con lo sguardo lo schermo, come in una attuale ripresa televisiva, in netto contrasto con l’epoca che ne rappresenta, tradendo il lato interiore del soggetto rappresentato. Anche la “Signora davanti allo specchio” riprende lo stesso filone: la donna ritratta in abito da sera grigio perla, sorpresa mentre termina gli ultimi preparativi dell’acconciatura, viene inserita all’interno di un salotto di stile tardo ottocentesco, che ci induce a pensare che la Tomaeva conosce bene questo periodo storico dell’arte, testimoniato dal costume alla moda e dell’intero arredo ed assetto scenico. I tagli delle immagini ed i molteplici soggetti di ballerine ci ricordano Degas, anche se quest’ultimo azzardava con scorci prospettici più arditi, mentre Fatima li riduce a semplici sezioni sceniche, in cui riprende le danzatrici nei diversi momenti della giornata. Con grande fedeltà alle regole classiche, ben note alla Tomaeva, e con la sovrapposizione di colori puri eseguiti con tratto rapido, in una sintesi di gesti e movimenti, le immagini sono connotate da un forte valore espressivo; figure che in un primo impatto visivo mantengono un’aria distaccata e riflessiva, coinvolgono lo spettatore che, con sguardo attento riesce a coglierne il “pensiero” e l’interiorità.

Fatima Tomaeva www.fatimatomaeva.com

I suoi nudi sono estremamente attuali: rappresenta donne pienamente consapevoli della propria femminilità, che mostrano il corpo con estrema spontaneità ed una certa sensualità, raccontate con i soli colori caldi e vibranti, diversamente sfaccettati, che creano forti contrasti luminosi che meglio ne definiscono i contorni. Fatima Tomaeva, lega quindi fra loro diverse conoscenze storico-artistiche in una sintesi tra passato e modernità, in un insieme gradevole ed armonico, con una produzione artistica che si può definire “senza tempo”. dott.ssa Barbara Vincenzi barbara.vin@libero.it



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Emergenti

Andrea di Centa ANDREA DI CENTA La luce e il segno

di Mara Campaner

Andrea di Centa stende il colore con un segno di forza e di vitalità, creando dei paesaggi insoliti che rompono il legame con la tradizione. In ogni opera è stata cancellata la presenza di animali e di uomini. I suoi segni sono fortemente vibrati, alcune volte la stesura è persino violenta, creando forti cromatismi e anche alcune zone d’ombra da fondersi in un’unica atmosfera: alcune volte piacevole e serena, altre volte sola e inquieta. Proprio le sue ambientazioni stimolano le nostre sensazioni, interessando l’osservatore. Le raffigurazioni giocano molto sull’allusività, cercando di non creare mai un contorno netto nei soggetti rappresentati, ma giocando sul tratto segnico. I suoi paesaggi sono illuminati da una luce a volte radiosa, altre volte malinconica e toccante. Di Centa in alcune opere dimostra una spiccata vena informale e, anche se si nota la persistenza figurale, appare come se fosse illusione, dando alla composizione ritmo e senso compositivo. I toni da una tela all’altra variano, mantenendo la sfumatura dell’aria, dei cieli, del mare e della tipica nebbiolina che avvolge la laguna veneziana, tema prediletto in tante opere di Andrea, essendo proprio del luogo. In lui è chiara l’acuta capacità di osservazione, riportando la realtà che lo circonda con precise tonalità, con un giusto rapporto fra le volumetrie del vapore e i soggetti che rappresenta.

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Andrea Di Centa Castello 2738/A 30122 Venezia www.andreadicenta.com

Andrea di Centa tralascia, non si sofferma mai sul particolare, privilegia la cromia segnica che conduce a una lettura di insieme, a una resa scenografica che si legge nella composizione a distanza. In apparenza la sua pittura appare veloce e immediata, ma che una lettura attenta rivela una progettazione lunga e meditativa. Rimane colpito nel vedere un luogo qualsiasi e nel dipingere non perde neanche per un attimo l’emozione. In lui è fondamentale interpretare la natura con spontaneità secondo il proprio sentimento personale, distaccandosi da ciò che si conosce dai maestri antichi. L’artista interpreta con il cuore non con gli occhi. 1- 2- 3- 4-

Grancaffè Quadri Dopo la neve Arrivo della tempesta Golgota

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Valeria Mariotti VALERIA MARIOTTI presente a Sinthesi

a cura di Arteficiolinea (www.arteficiolinea.com)


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Emergenti

Marko Kukic MARKO KUKIC Arte e colore

a cura di Atelier Di-segnolibero

Nasce il 23 giugno del 1990 a Sisak in Croazia, trasferitosi con la famiglia in Italia nel 1996, vive e lavora a Vicenza. Affascinato dalla fotografia e dall’arte fin da piccolo, giunge a possedere la sua prima macchina fotografica all’età di 13 anni e da autodidatta impara i rudimenti dello strumento leggendo libri e riviste sulla fotografia. Nel 2004 si iscrive all’istituto di Grafica Pubblicitaria Bartolomeo Montagna di Vicenza per seguire ed approfondire la sua passione per la fotografia diplomandosi nel 2009. Cultore dell’attesa del “momento giusto” ama fotografare i paesaggi, la natura e gli animali, godendo dell’emozione di trattenere il fiato aspettando il momento esatto per scattare ed immortalare per sempre una porzione di mondo rubata al fluire delle cose. A settembre di quest’anno è stato protagonista assieme ai fotografi Alessandro Dalla POZZA e Mirko VINANTE di un suggestivo evento dedicato alla ricerca fotografica dal titolo: KREA_ATTIVA_MENTE#6 - ‘Collettiva di Fotografi del Contemporaneo’ allestito presso Di_segnolibero Atelier di Promozione Artistica e Culturale del centro storico di Vicenza. In seguito il Comune di Montecchio Maggiore ha voluto dedicare alla pregevole ricerca fotografica di Marko una rassegna personale dei suoi lavori presso la Sala Civica Comunale dal titolo ‘Arte e Colore’ inaugurata lo scorso 3 ottobre al cospetto delle autorità comunali e presentata dal Maestro d’Arte Marta Longo, già titolare e curatrice dell’Atelier Di_segnolibero.

C_+39.348.606.48.37 marko.kukic@hotmail.com E’ su Facebook

L’esposizione, conclusasi il 17 ottobre e patrocinata dal comune di Montecchio Maggiore, ha registrato un notevole consenso di critica e pubblico.


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Santina Pellizzari SANTINA PELLIZZARI

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Mostre

Energica emanazione dell’arte

di Anna Maria Ronchin

La mostra: -Energica emanazione dell’arte- propone opere recenti di Santina Pellizzari, nella dimora –studio della pittrice Villa Donà delle Rose in via Roma 136, Santo Stefano di Zimella, Verona. L’esposizione è l’approdo dell’ originale ricerca artistica di Santina Pellizzari,declinata sul linguaggio astratto sin dagli inizi negli anni Settanta del secolo scorso, ora caratterizzata dalla frequenza degli accostamenti cromatici blu, rosso e giallo oro e dall’uso di elementi materici che formano una vibrante texture in tutte le sue tavole. I colori che utilizza sono quelli acrilici, perché asciugano subito e le permettono di’intervenire fin tanto che l’idea è ancora fresca, più diretta; il processo con cui inizia il quadro segue una particolare liturgia, parte dai colori fondamentali per poi interviene con una serie di modifiche gestuali, che qualificano il suo lavoro come espressionismo astratto; infatti, non procede con schemi e nemmeno segue bozzetti, ma il sentimento empatico che le suscita il variare del cromatismo sulla tavolozza e della materia che struttura l’imprimitura. Per Santina Pellizzari il rosso ha due valenze l’energia vitale e la violenza mediatica, queste sono massimamente espresse nel dipinto LA CACCIA (2010), invece il blu è predominante in RISVEGLIO (2009) qui è forma che si distende in verticale e si ramifica verso l’alto, completa entrambe le opere il giallo della foglia d’oro, che irradia di luce il fluire della materia. L’itinerario della mostra cattura per l’incisivo messaggio che contiene, l’arte è processo, è l’immenso spazio che si apre all’occhio che osserva la tela vuota, è anche l’ansia di vincere l’horror vacui, nella tavola DINAMICA E’ LA VITA 2010, l’insieme dei rossi e blu sulla linea dell’orizzonte, connotano la fisicità e il dinamismo delle linee astratte, modulate sull’asse verticale del fondo trattato con malta.

Argento fasce orizzontali

In ARGENTO FASCE ORIZZONTALI (2010) se la tecnica è gestuale, cambia il senso, gli elementi pittorici diventano scavo stratigrafico nei luoghi della memoria, luce irradiante da ogni dove, stato etereo di ineffabile beatitudine, flusso di coscienza mirabilmente fissata lungo la linea dell’orizzonte Talvolta la ricerca estetica della Pellizzari giunge a risultati onirici, come in YPSILON (2010), dove grafemi e lettere emergono dal flusso cromatico della materia pittorica una sorta di scrittura automatica surrealista

santinapellizzari@alice.it

È espressione della spiritualità e dell’armonia con il mondo la pittura di Santina Pellizzari; infatti, il suo linguaggio visivo è frutto del suo flusso di coscienza, irradiato dalla fiducia nel domani e dal piacere della scoperta di ciò che sarà, così il sentimento dell’avventura prende forma nella tavola:-IN CAMMINO- (2008) e quello dell’armoniosa speranza in SINUOSITA’ (2010), qui le linee blu, marcate dagli ondulati, diventano tracce del volo, indicano non solo l’onda aerea ma delimitano anche l’idillio del giardino del cuore. Anna Maria Ronchin

La caccia


protagonisti dell’arte contemporanea

Santina Pellizzari

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Ypsilon

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Sinuosità

DInamica è la vita


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Mostre

Antonella Burato ANTONELLA BURATO Angeli e atomi

di Anna Maria Ronchin

Domenica 12 dicembre 2010 inaugura la mostra – Angeli e atomi – della pittrice Antonella Burato, il luogo è prestigioso, la villa gentilizia Donà delle Rose,di Santo Stefano di Zimella, Verona. Nel piano nobile sono esposti disegni originali recenti, frutto della singolare ricerca dell’artista che interseca il campo metafisico e quello estetico da più di dieci anni. I soggetti delle sue opere sono personificazioni delle forze celesti, cherubini dal volto di adolescenti, incantati dall’immenso valore della nostra vita;serafini che osservano l’andirivieni del mondo,fluidi ed eterei hanno la postura di chi cammina in punta di piedi, rispettosi della Madre Terra, eppure vigili ed austeri apostrofano, indicano sollecitano l’osservatore, che non può rimanere indifferente. Gli Angeli di Antonella Burato nascono come bozzetti di soggetti sacri che le vengono commissionati, poi dopo il lungo lavoro di stesura e perfezionamento per la resa dello sfumato, diventano opere uniche, sanguigne, epifanie, apparizioni del sacro,rivelatrici della bellezza che l’arte nei secoli ha sempre veicolato. L’interlocutore privilegiato della Burato è la tradizione iconografica occidentale, con la quale si è costantemente misurata,durante l’intero arco della sua ventennale produzione, giungendo oggi ad uno stile originale. La frequente scelta stilistica delle prospettive dall’alto recupera il concetto romantico del sublime, per la sensazione di vertigine che sale nell’osservatore mentre cerca la focalizzazione del quadro e trova il punto di vista del soggetto raffigurato, aperto all’infinito sopra di lui, così i soggetti di Antonella Burato si animano di vita celeste e diventano icone gotiche della contemporaneità. Ecco l’“ANGELO DEL SOFFIO” (2010) veloce apparizione dell’Eterno,così rapido da avere due mani destre,la figura ieratica e raccolta,quasi a potenziare lo sforzo di mandare il suo soffio vitale ai viventi. Nella sanguigna “ANGELO DALL’ALTRO PUNTO DI VISTA” (2004) prevalgono il gioco e la leggerezza del volo, la soavità dello sguardo,dove tutto converge,dolce tensione del movimento. Scherzoso e divertito emana gioia pura, eppure le sue ali sono incrociate non spiccano il volo,perché l’uomo non crede ai miracoli oppure perchè se gli Angeli fossero di questo regno,esisterebbero sulla punta di uno spillo. Anna Maria Ronchin Antonella Burato Inaugurazione mostra 12 Dicembre S. Stefano di Zimella (Vr) cell. 328 8062853



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Mostre

Pordenone Arte

IL NUOVO PARCO DEL NONCELLO Dall’Italia agli Usa

di Lorena Zanusso

Il PARCO (acronimo di Pordenone ARte COntemporanea) è stato dedicato ad uno dei pittori più importanti dell’arte del Novecento, Armando Pizzinato, che del pordenonese era nativo e di cui ricorre il centenario della nascita. Ma il 2010 è anno che ricorda anche due altri artisti che con il Friuli ebbero rapporti e che hanno segnato l’arte del secolo passato: Mirko Basaldella, che assieme ai fratelli è stato protagonista di una recente esposizione, e Corrado Cagli, che di questi sposò la sorella. Quest’ultimo, al quale la città natale è figura che merita un percorso di riconoscimento per l’insostituibile ruolo artistico ricoperto. Fabio Benzi, già curatore della mostra anconetana, e Gilberto Ganzer, Direttore Scientifico del Museo Civico d’Arte di Pordenone, consapevoli del rilievo di tale tematica, hanno scelto di inaugurare l’apertura del nuovo spazio con un’esposizione che intende sottolineare “ciò che accadde”, ossia il milieu artistico, i rapporti che si crearono tra Cagli e un notevole numero di artisti, molti passati alla storia senza che il peso avuto alla sua conoscenza e frequentazione sia mai stato messo dovutamente in luce. CORRADO CAGLI (Ancona 1910 - Roma 1976) Figlio di una scrittrice di racconti per il Corriere dei Piccoli, Cagli a soli quindici anni inizia ad illustrarne i fogli e le copertine, così come per altre riviste, quali “La Croce Rossa Italiana Giovanile”, con un già sicuro stile déco. Residente a Roma a partire da allora, è molto importante la parentela con lo scrittore Massimo Bontempelli, figura che torna in molte delle sue vicende artistiche e che probabilmente lo introduce all’illustrazione futurista. A soli diciassette anni gli viene commissionato un soffitto con putti ridenti, ora perduto, e l’anno successivo partecipa alla sua prima esposizione presso una promotrice romana. Contemporaneamente realizza un grande murale di settanta metri per la sala del Teatro rionale Campo Marzio, oggi scomparso, con “scene di vita nei campi, nelle officine, nelle palestre” (Sabatello 1933), anticipando le realizzazioni di Sironi. Si fa successivamente coinvolgere nel rinnovamento stilistico déco delle note ceramiche Rometti di Umbertide, grazie alla conoscenza di Dante Bandelli, direttore artistico della fabbrica. Nel frattempo Cagli si avvicina al Futurismo e gli viene conferita la direzione dell’azienda, che vede in quegli anni una della produzioni più originali a livello europeo, caratterizzata da una semplificazione formale che accompagna temi di chiara impronta fascista e che egli esporta anche nei diversi murali dipinti nello stesso periodo. Lasciato l’incarico a causa di un’intossicazione da piombo, inizia un nuovo periodo di ricerca stilistica, grazie all’apertura della Quadriennale di Roma (1932), l’incontro con quelli che sarebbero stati i pittori de L’Ecole de Rome (Capogrossi, Cavalli, Pirandello, il cui zio Luigi era amico di Bontempelli) e con il gallerista Pier Maria Bardi, a Roma il più accorto riguardo le novità artistiche, presso le cui sale il gruppo esporrà nel 1932 in ben tre occasioni. Per Cagli significa il passaggio da un Futurismo piuttosto decorativo e illustrativo a uno maggiormente pittorico, mutuato soprattutto dalla pennellata spatolata di Pirandello. Nello stesso anno è invitato dalla Commissione Archeologica di Salerno a Paestum e visita anche Pompei. L’esperienza lascia delle forti tracce nella sua pittura, che vira verso un’interpretazione e un avvicinamento a forme primordiali e archetipiche (confluite nel suo concetto di “primordio”, cui contribuirono anche le riflessioni sulla Metafisica di De Chirico), che saranno d’ora in poi una costante culturale in tutta la sua produzione e che influenzeranno personalità come quelle del gruppo “Origine” (Capogrossi, Burri, Colla, Ballocco) e Mirko Basaldella, alter ego scultoreo di Cagli. Negli anni del Fascismo è, solo tra i pittori della Scuola Romana, tra i più prolifici artisti di opere monumentali, che identifica come strumenti ideali per rispondere al percepito clima di rinnovamento sociale ( “A convogliare le forze della pittura contemporanea occorrono i muri, le pareti “, C. Cagli, Muri ai pittori, “Quadrante”, I, 1, 1933). Nel 1933 si apre la prima mostra parigina del gruppo, che costa anche i diverbi sul mai pubblicato “Manifesto del Primordialismo Plastico”. A Roma diventa il pittore al fascino delle cui opere nessun collega riesce a sottrarsi. Elabora una tecnica a freddo molto simile all’encausto dei murali romani, collaborando autonomamente al “tonalismo” degli anni Trenta. Contemporaneamente inizia a radunare attorno a sé artisti e intellettuali e avvia la collaborazione con Libero De Libero presso la Galleria della Cometa, di proprietà della contessa Laetitia Pecci Blunt e considerata la più esclusiva di Roma, luogo d’incontro di noti personaggi della cultura, tra i quali Stravinsky, Le Corbusier ed Eliot. Sono gli anni in cui Cagli inizia a muovere la pennellata, che diventa più fremente, dando vita a volumi meno definiti e a gesti e volti maggiormente espressivi, dovuti anche alla conoscenza e al confronto tecnico con il giovane Afro Basaldella, forse il suo allievo più fedele. Dal 1935 ha un successo enorme. Partecipa alla II Quadriennale, è incaricato di diverse imprese decorative tra le quali la Corsa dei Berberi a Castel de’ Cesari, i cui cavalli ricordano Paolo Uccello, e delle scenografie e dei costumi per un Pelléas e Melisande. Organizza le mostre della Cometa e influenza con il suo carisma moltissimi artisti contemporanei, aprendo la strada ai loro percorsi professionali, senza macchiare i rapporti con alcuna sorta di rivalità personale. Nel 1938 è costretto a lasciare l’Italia in seguito alla proclamazione delle leggi razziali, a causa degli attacchi personali fatti alle sue opere, che sono d’intento chiaramente fascista, in quanto rappresentano le glorie dell’Italia con i volti di “uomini delle caverne o dei minorati psichici” (Telesio Interlandi, “Tevere” 1938). Migrato prima in Francia e poi negli Stai Uniti, prosegue il suo percorso intellettuale anche grazie alle conoscenze dei mariti delle sorelle, entrambi matematici, ed entra in contatto con la Galleria di Julien Levy di New York, ambiente


PORDENONE ARTE

Eventi dell’Arte

Corrado Cagli Jim Goldberg

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che segna la trasformazione surrealista Neo-Romantic della sua arte. Nel frattempo si arruola nell’esercito americano, deciso a combattere per i diritti del suo Paese, dove torna a guerra finita, riprendendo in mano le redini del contesto romano. Collabora di nuovo con Bardi alla Galleria Palma. Torna momentaneamente in America, dove è tra i fondatori del Ballet Society, ottiene una Guggenheimfellow, frequenta intellettuali e musicisti, realizza scenografie per il teatro, nelle quali è evidente un’accentuazione del suo espressionismo, che prepara la sua singolare ricerca di un connubio tra surrealismo neo-romantico e astrattismo formale. Nel 1948 definitivamente in Italia e attaccato da realtà come Forma1 per essere un pittore di altra generazione, per essere stato fascista, ma anche per portare nella sua nazione le novità americane, Cagli continua a proporsi nella sua autonomia, in affinità con il Fronte Nuovo delle Arti. Nel 1948 espone gi Arcani Maggiori dei Tarocchi al Milione di Milano e nel 1949 al Secolo di Roma i Disegni di Quarta Dimensione, espressione dei suoi confronti con il matematico americano Paul Samuel Donchian, conosciuto grazie alle sorelle. Tematiche che avevano già affascinato Balla e Marinetti, nonché lo stesso Bontempelli. Cagli cerca di far confluire una nuova consapevolezza, che indaga i movimenti psichici in senso astratto e metafisico, parallelamente a un’altra indagine sulle basi geometriche e astrattive che muovono l’universo. Da un lato e per breve tempo lo fa dando peso a un pennello dai segni labirintici che successivamente perde la sua importanza, per lasciare spazio al segno indiretto - peraltro già utilizzato negli anni Trenta – e alla contemporanea sperimentazione delle impronte in negativo lasciate da oggetti di varia forma sulla tela, dimostrando un avvicinamento alle ricerche informali e surrealiste internazionali. Gli anni Cinquanta segnano l’inizio di un percorso di interazione tra arte astratta e figurativa, che ne sottolinea per l’ennesima volta la posizione di outsider, troppo avanti sui tempi, se si esclude l’ispirazione, che certo è presente, alla poetica di Picasso. Sono anche gli anni in cui si esplicita maggiormente l’amicizia con Guttuso, che ne subisce l’influenza sin dagli inizi, e Carlo Levi, portato alla Cometa da Cagli, tutti e tre allora vicini agli ideali del Partito Comunista. Una conseguenza ne sono i disegni presentati all’Obelisco sulla Rotta del Po, dedicati al disastro del Polesine del 1951, pubblicati su “L’Unità” e che costituiscono una diretta critica al malgoverno. Primo esempio del connubio astratto/figurativo, sono anche forieri dell’ultimo passo evolutivo, in perfetta antitesi a quest’ultimo, il realismo sociale. Cagli a questo punto raggiunge la piena maturità e simultaneamente libertà di espressione, che gli consente di mescolare i generi, come dimostrano gli Arlecchini, figure giocose che si inseriscono in maglie astratte alla Klee, o le figure mutanti, anfibie, tra mondo umano, faunistico e divino, che lo riportano al neo-romanticismo del periodo americano. O come, infine, il ciclo di sculture realizzato tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Settanta, segno tangibile di come sia possibile la sintesi di tutti i percorsi intrapresi, firma di una personalità dalla consapevolezza esistenziale ed essenziale fuori dal comune. JIM GOLDBERG A inaugurare la seconda sede di PARCO è la prima grande monografica italiana su Jim Goldberg, fotografo della Magnum, nonché recente vincitore, tra molti altri, del Premio Cartier - Bresson (2007). Autore dalla trentennale attività espositiva e le cui opere sono presenti in numerosi musei statunitensi e in alcuni europei, è un artista che si muove simultaneamente su un doppio binario. Mentre da un lato indaga, senza mezzi termini e concessioni all’estetica, su condizioni di violenza e marginalità principalmente del suo Paese, ma anche di altri, dall’altro riesce ad essere abile ammaliatore per immagini, scelte per questo da case di moda come Dolce & Gabbana per le proprie campagne di comunicazione. Come per Cagli, non si deve pensare che questi due filoni così diversi non possano trovare unità, giacché condividono invece la comune ricerca sui mutamenti sociali trasversali a tutte le nazioni e a tutti i livelli. La mostra, che comprende oltre 300 fotografie, percorre i progetti di Golderg, a partire da Rich and Poor, dove tra il 1977 e il 1985 sperimenta la compresenza di immagine e testo. Fotografa persone disagiate e le accosta ad altre borghesi, nelle loro case eleganti, chiedendo a ognuna di scrivere sulla carta della fotografia stessa le proprie aspirazioni, illusioni e percezioni. Sotteso è l’intento di investigare la visione dei miti delle diverse classi sociali, del potere e della felicità, tramite un confronto ravvicinato di forte impatto emotivo. Attraverso Raised by wolves (1987-1993), Goldberg sonda, attraverso l’esperienza di una ragazza scappata di casa, la difficile realtà dei ragazzi di strada a San Francisco e Los Angeles e degli operatori che se ne occupano, in netto contrasto con la cultura istituzionale che dello stesso contesto è parte integrante. Un progetto “polimaterico”, fatto di fotografie, video, documenti, oggetti e testi manoscritti per ricreare un’ambientazione il più possibile fedele. Infine Open See è una sezione-documentario di fughe da situazioni di guerra, violenza e oppressioni di diversa natura, che conducono da Asia, Est Europa, Medio Oriente e Africa verso l’Europa, meta di una nuova vita da conquistare. In tutti i progetti Goldberg che, come si è detto, non cerca edulcorazione, non insiste nemmeno sulle coloriture, mantenendo una misura che passa naturalmente attraverso i volti dei protagonisti e le loro riflessioni. A completare la mostra un documentario sul lavoro dell’artista, che raccoglie numerose interviste. L’esposizione, curata da Marco Minuz e Valerie Fougeirol, è prodotta dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Pordenone, da MagnumPhotos di Parigi e gode del Patrocinio del Consolato Generale degli Stati Uniti d’America a Milano. Lorena Zanusso lorena.zanusso@gmail.com

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Ricerche

Arte Medioevale CHIOSTRI DI SANTA CORONA La regola domenicana

di Laura Leone

Un notevole interesse architettonico e spirituale avvolge la progettualità del complesso conventuale di Santa Corona sin dalle sue origini (1260), per volere del vescovo Bartolomeo da Breganze dell’ordine dei Domenicani: realtà architettoniche e mondi fantastici s’intrecciano nella cultura medievale, dedicando un’attenzione particolare al mondo botanico e conferendo ad ogni elemento naturale una simbologia che si accosta alla sfera divina. La realizzazione dei suoi due chiostri, considerati luoghi sacri, destinati al lavoro e alla meditazione, si integrano nelle strutture religiose a completamento delle architetture monastiche: in stile gotico il primo, detto “Minore” o”dei Morti”(1271), seicentesco il secondo, detto “Maggiore”, dove tutt’oggi è visibile la “Loggia dell’Inquisizione”. Entrambi sono caratterizzati da portici che racchiudono i giardini profumati e gli orti prevalentemente destinati alla coltivazione delle erbe officinali. La loro bellezza, racchiusa all’interno del Convento, ha rafforzato la spiritualità interiore dei frati e dell’uomo perché simboleggia la pace e serenità, una sorta di prefigurazione del “Paradiso Terrestre” che nella religione giudaica precede il peccato originale Nascita dei Chiostri di Santa Corona nel contesto storico, religioso, simbolico e sociale. A Vicenza tutta l’architettura monastica duecentesca è caratterizzata da questa tipologia di chiostri che racchiude profumi e colori, ma altre chiese realizzate fuori dal centro urbano dispongono di ampi spazi di terreno, grazie ai lasciti di persone benemerite, per dar vita ad una produzione economica di sostentamento quotidiano in alternativa alle elemosine. Il complesso religioso si basa sul modello ideale del primo periodo medioevale che comprende la chiesa, il cimitero e il chiostro circondato da una struttura rigorosamente romanica, e vuole ripercorrere la memoria del passato per ricordare le antiche tradizioni delle chiese paleocristiane: ampi quadriportici, orti e cimitero adiacente. La stessa tipologia del chiostro conferma anche l’antico peristilio romano che in passato coronava il giardino attentamente coltivato a frutteto, fiori ed erbe officinali, mentre la zona centrale era dominata da una fonte d’acqua. L’attenzione dunque si concentra sulla sapiente ricerca del nuovo equilibrio e di euritmia spaziale dove l’uomo aspira ad un rinnovo spirituale capace di coniugarsi armonicamente alla natura. La descrizione dei giardini domina tutta la scena dei centri religiosi e dell’ambiente urbano medievale. Questa presenza produce una sensazione di benessere terreno e spirituale che ricorda il testo “Hortus Conclusus” del “Cantico dei Cantici” attribuito a Salomone (Vecchio Testamento), e questi bellissimi versi tratti dal “Cantico delle Creature” come inno di lode a Dio, scritto da San Francesco d’Assisi negli ultimi due anni della sua vita (12241226): “..fratello Sole, sorella Luna e le Stelle, fratello Vento, l’Aria, il cielo nuvoloso e quello sereno, tutte le Stagioni, sorella Acqua, fratello Fuoco, sorella e madre Terra…” “..Altissimo, onnipotente, buon Signore, a Te solo spettano le lodi, la gloria, l’amore e ogni benedizione. A Te solo, Altissimo, si addicono E nessuna creatura umana è degna di pronunciare il Tuo nome..” 1.

Giotto, S. Francesca predica agli uccelli

Si apre così un notevole repertorio spirituale nel corso del 1200 destinato ad avere un largo consenso di fede tra la gente comune che conduce una realtà semplice, umile, dignitosa, dedita alla preghiera e ai valori spirituali. Questi dolcissimi versi di grande valore religioso si elevano nella sfera emotiva come lodi tese a valorizzare l’operato di Dio, per recuperare i modelli biblici e consolidare il profondo significato di “fraternità tra l’Uomo e il Creato”. L’animo di San Francesco trasmette la gioia della vita attraverso la descrizione della” bellezza della Natura e dell’Universo”. Con tale entusiasmo si diffondono tra i fedeli i nuovi modelli spirituali dove la predicazione del cristianesimo diventa” vita attiva”, fatta di lavoro, preghiera e letture, in opposizione alle dottrine eretiche, all’oziosità monacale, alla corruzione e al lassismo della Chiesa. Il servizio di fede cristiana diventa nella vita dell’uomo un modello ideale di rettitudine terrena da seguire perchè dedica largo spazio alla preghiera e al lavoro agreste. La giornata è scandita da ritmi liturgici e da attività: preghiera e lavoro (hora et labora).


VICENZA MEDIOEVALE

Arte Medioevale

Storia dell’Arte

S

Le stesse rappresentazioni figurative parietali o tratte da testi sacri in miniature del tempo illustrano i luoghi di meditazione dove poter esorcizzare la paura del peccato, del male e della punizione divina. Il lavoro agreste si accosta al mondo idilliaco divino e viene considerato il luogo di protezione e di rifugio terreno. Gli ordini monastici diventano i fautori di questa tendenza. Il complesso di Santa Corona richiama i modelli dei “monasteri ideali”: l’Hortus era coltivato ad ortaggi e spezie; l’herbolarium era destinato alle piante officinali per la cura dei malati e l’assistenza degli infermi; il frutteto era inserito nei cimiteri e alludeva la Resurrezione. Il Chiostro Minore o dei Morti racchiudeva il cimitero, ordinato e rigorosamente pulito dai rovi, simbolo di peccato, e a fianco presenziava il Chiostro Maggiore che recintava l’hortus e l’herbolarium. Entrambi trasmettono nella sfera emotiva il mondo supremo dove l’uomo si purifica fisicamente, spiritualmente e si protegge dalle malvagità e dalle tentazioni del peccato che si trovano nel mondo esterno alla struttura. I chiostri si arricchiscono di elementi naturali conferendo ad ognuno di essi un significato simbolico religioso: la tipologia quadrata indica i “quattro angoli dell’Universo” o i “quattro fiumi dell’Eden” che gravitano attorno al“l’albero della vita” posto al centro, oppure “il pozzo” il cui significato simbolico indica la “Fonte di Sapienza”, Cristo. La lettura simbolica dei fiori viene ampiamente riprodotta nei testi sacri, nei repertori figurativi pittorici, parietali e musivi. Alcuni esempi frequenti di letture interpretano il giglio come simbolo della purezza e povertà; la rosa rappresenta la Vergine oppure è il simbolo del sangue divino; la violetta indica la modestia e l’umiltà; la palma è il simbolo della giustizia, della gloria e della vittoria; il trifoglio è il simbolo della Trinità; l’ulivo indica la pace, serenità e misericordia; il fico indica la salvezza, benessere e fertilità; l’uva rappresenta il sangue di Cristo. Le facciate dei chiostri sono rigorosamente geometriche: si snodano in filari di archi a pieno centro, bordate da semplici ghiere che racchiudono gli spazi verdi a simmetrica distanza. Gli ambienti si affacciano al porticato, il cui ritmo e ordine è scandito da colonne dai capitelli tardo-gotici poggianti su un muro continuo. I due chiostri rappresentano i punti di riferimento della vita e del lavoro diurno dei monaci: il primo chiostro” Minore” (1271) ospitava il dormitorio; il secondo chiostro”Maggiore”(1477) racchiudeva l’infermeria, la spezieria e il laboratorio farmaceutico per produrre i medicamenti composti con le erbe officinali; dopo il 1482 saranno realizzate la Biblioteca e il Refettorio; nel 1625 si amplierà il Chiostro per dare spazio alla Foresteria ed infine nel 1692 verranno ricostruiti due lati del Chiostro Minore.

Fiori associati al culto della Vergine, 1476

L’insieme architettonico presenta una varietà di stili e di colori marmorei che esprime emozione e fantasia compositiva, perché racchiude nei piccoli particolari descrittivi delle porte, finestre, capitelli e soffitti a crociera tutta la tradizione medievale e rinascimentale della città. Lungo il porticato del Chiostro Minore adiacente alla Chiesa sono visibili le arche trecentesche e le lapidi marmoree ai muri, tolte dal pavimento della chiesa nel 1752. Interessante la “Loggia dell’Inquisizione” nel Chiostro Maggiore seicentesco e la realizzazione di un’altra loggia (1743) sovrapposta, realizzata da Francesco Muttoni, che conferma le aperture ad archi a pieno centro, ma di stile dorico. Non è visibile l’antica Biblioteca che fungeva da corpo intermedio tra i due chiostri distrutto durante i bombardamenti del 1944. E’ un significativo esempio di architettura fondato su schemi di biblioteche domenicane: suddivisa in tre navate di cui la navata centrale era sostenuta da eleganti colonne dai capitelli d’ispirazione jonica e dal soffitto a volta ribassata poggianti sulle lunette delle navate laterali. L’ambiente conteneva le preziosità degli affreschi, andati distrutti, che illustravano personalità influenti e cardinali, oltre al notevole valore della raccolta di testi, codici e libri preziosi che vennero smarriti durante la guerra. Oggi rimane un interessante repertorio fotografico che documenta un passato ideologico e testamentario di questo celebre angolo culturale che al tempo diede un forte contributo alla crescita intellettuale e sociale della popolazione vicentina. Tale destinazione culturale venne confermata nel 1877 quando venne adibita a sede dell’Istituto Industriale, voluto da Alessandro Rossi, fondatore dell’Industria Laniera Italiana, ed ora divenuta parte integrante del pregevole Museo Naturalistico Archeologico.

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Hortus Conclusus della Vergine, Tret Jacov, 1660


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Festival del Mistero L’ANTICA CITTA’

28. CRITICO TERESA FRANCESCA GIFFONE

Festival

nella foresta di Carpanea

di Anna Maria Ronchin

L’ANTICA CITTA’ NELLA FORESTA DI CARPANEA

L’antica città nella foresta di Carpanea mette in scena la mitica narrazione orale della città sepolta nella provincia di Verona. E’ uno dei 100 luoghi arcani, ricchi di storia e di leggende, che il Festival del Mistero, giunto alla seconda edizione, nel mese di novembre 2010, promuove con l’apporto dell’UPLI (Unione Nazionale delle Pro Loco Regione Veneto) e della Regione Veneto. Lo spettacolo misterioso è quello della città sepolta , già narrata da Platone nel “Crizia” e probabilmente ubicata in un grande lago, come quello che lambiva le provincie di Verona, Vicenza, Mantova, abitate sin dall’età del Bronzo, III millennio a.C. I centri urbani furono costruiti su isole emergenti dall’indomite acque degli attuali fiumi Po, Mincio, Tione, Adige, Fratta e Bacchiglione, che allora formavano un’immensa laguna d’acqua dolce, quella che ancor’oggi i mantovani chiamano lago e si congiungeva al mare Adriatico. Tra il fluire e defluire dell’alta e bassa marea, al di là delle barene, tra i dossi di terra ferma crebbe la selva di ontani, faggi, lecci e tanti carpini, che venne detta appunto Carpanea.

Con la lenta antropizzazione, la foresta planiziale veneta andò sempre più riducendosi, fino a scomparire anche dai dizionari, ma rimase nella memoria di chi tramanda del Mar Verto e narra la leggenda della città sepolta. Carpania aveva 7 ordini di mura su lati amplissimi di 25 miglia, quattro erano le porte aperte sui punti cardinali corrispondenti alle attuali località veronesi di Casaleone, Bastione San Michele, Castagnaro e San Pietro di Legnago. L’ideazione del progetto di teatrodanza è di Anna Maria Ronchin, le coreografie sono della Compagnia Didanza, di Monica Ferrari; le musiche originali del maestro di Sitar al Conservatorio “A. Pedrollo “ di Vicenza; i testi sono del poeta Renato De Paoli. La tensione creativa che ha coinvolto gli artisti è stata quella di evocare un tempo remoto, eppure vivo nella storia orale, del Bosco degli Avi, degli antenati che abitarono il grande arcipelago d’acqua dolce, dove s’estendeva il Lax Venetik, e a suono di cetra, crotali, cimbali, rombo e campanelli hanno rinnovato il rapporto con l’acqua e la tradizione degli Antichi Veneti, dal greco Evetoi, degni di lode, dei Dioscuri, i numi tutelari dei naviganti, della dea Pali, Pale, protettrice delle palaffitte e del dio Apo, letteralmente Dio da Dio, la divinità della sorgente.

La fons Aponis non fu solo madre di Abano Terme, ma anche di tutti qui centri abitati che riuscirono a governare le acque come la Carpanea, e fin che protesse la città, crebbero concordia e pace, ma quando in essa prevalsero gli interessi di parte e il proprio tornaconto, gli abitanti non furono più capaci di governare le acque e vennnero colpiti dall’alluvione che distrusse la loro città. Ancora oggi, nella Valle dell’antico lago echeggia il suono della campana al comparire della Principessa di Carpanea nella notte di Pentecoste . Anna Maria Ronchin

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Restauro

Restauro a Malo RESTAURO A MALO Canova Costruzioni e Restauri

Sono terminati i lavori di restauro della Canonica parrocchiale di Malo, che ora appare in una veste nuova e più adeguata. A progettare l’intervento, eseguito dalla ditta Canova Costruzioni e Restauri, è stato lo studio tecnico A31 Workteam di Malo. “Le operazioni hanno riguardato tutti i manti di copertura dei fabbricati della Parrocchia che si trovavano in pessimo stato a causa di infiltrazioni nel sottotetto - spiega Paolo Censi, direttore dei lavori -. Sono stati dunque rimossi tutti i coppi che erano sfaldati e con i canali colmi di materiale. E’ stato posato un nuovo pannello di coibentazione inserendo un canale per la ventilazione dell’intero tetto per migliorare l’isolamento della copertura. Poi sono stati posati pannelli in legno sui quali è stata applicata una nuova guaina isolante per l’impermeabilizzazione. In seguito c’è stata la posa dei nuovi coppi agganciati tra di loro e infine la sostituzione delle lattonerie e grondaie, dei lucernari e delle canne fumarie”. Con l’occasione, vista la presenza dell’impalcatura, si è ritenuto opportuno ritinteggiare le facciate esterne dei fabbricati, riparando al tempo stesso gli intonaci logorati e le crepe presenti. “La scelta di dare tre colori diversi - prosegue Censi - è stata dettata dal desiderio di evidenziare i tre corpi i quali hanno diverse destinazioni d’uso: canonica, barchesse e uffici. Il colore più scuro è stato dato all’edificio ad angolo tra le vie Chiesa e Molinetto, più basso degli altri, per dare un nuovo impatto visivo forte rispetto ai colori più tenui lungo l’intera via Chiesa. Il colore chiaro è stato pensato per la canonica, per dare maggiore importanza ed eleganza al fabbricato”. Tutti gli elementi in pietra sono stati puliti e sistemati mediante lavaggio, sabbiatura e stuccatura. Anche i balconi sono stati lavorati con carteggiatura a fondo e successiva verniciatura. “I lavori hanno portato alcuni disagi per i cittadini e gli inquilini della canonica - conclude Censi - . Ora che sono terminati ringraziamo tutti per la pazienza avuta, sicuri di aver fatto un lavoro ben apprezzato”. Nel frattempo, di fronte alla canonica, proseguono a buon ritmo i lavori di restauro del Duomo di Malo, che dovrebbe riaprire tra fine novembre e inizio dicembre, oggetto di alcune opere importanti come un nuovo sistema di riscaldamento a pavimento, tinteggiatura interna, sistemazione del presbiterio e delle colonne in marmo. La Canova Costruzioni e Restauri, con sede a Malo, da oltre vent’anni opera nell’edilizia pubblica, privata, industriale e degli edifici di culto. Fornisce un servizio completo ottimizzando logistica e tempi di lavorazioni, maestranze e attrezzature. Garantisce professionalità, attenta scelta di prodotti innovativi per la qualità dei lavori, ampia scelta negli interventi e grande efficienza. L’azienda possiede attrezzature specifiche per lavorazioni particolari e maestranze specializzate e altamente qualificate. La lunga esperienza ha permesso di allacciare rapporti privilegiati con imprese specializzate e certificate SOA che vengono coinvolte quando l’intervento lo richiede. Canova ha comunque la possibilità prevista dalla legge di essere avallata da aziende partner per eseguire lavori di categoria OG2 fino alla classifica VI e categoria OG1 classifica VII. Nel settore delle ristrutturazioni e del restauro l’azienda ha maturato molteplici esperienze, eseguendo interventi a regola d’ arte, anche grazie alla presenza di personale specializzato e conoscitore delle metodologie costruttive sia antiche che moderne.


Pablo Picasso, “Guernica”, part.



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